Soppressione feste, no di anpi e sindacati: "il 25 aprile e il 1° maggio non si toccano"
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Roma, 17 lug. (Adnkronos) - Altolà di sindacati e Anpi contro l'ipotesi di accorpare alcune festività per aumentare la produttività. A farne le spese sarebbero anche le festività del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno. L'Assaciaizone nazionale partigiani però annuncia battaglia e fa notare che quelle festivita' ''rappresentano il nostro passato migliore, i valori su cui si fonda la nostra Repubblica: sono, in una parola, la nostra storia. E non vanno toccate''.
''Dobbiamo essere estremamente chiari: non abbiamo - ovviamente - obiezioni di fronte ai sacrifici che possono essere chiesti ai cittadini in una fase difficile per il Paese; ma che si debba rinunciare alla storia, a quelli che sono i fondamenti comuni del nostro vivere civile, ci sembra davvero troppo. Ci sono festivita' -rileva l'Anpi in una nota- che nascono da consuetudini o semplici abitudini, che forse possono consentire qualche operazione. Altre, come quelle citate, rappresentano il nostro passato migliore, i valori su cui si fonda la nostra Repubblica: sono, in una parola, la nostra storia. E non vanno toccate. Non ci si dica che non ci sono altri strumenti per incrementare la produttivita' e far crescere il Pil - sottolinea l'Anpi -. Ci sono provvedimenti in corso di esame, da tempo preannunciati, di cui si puo' accelerare l'iter; e ce ne sono altri, da molti invocati (la patrimoniale, per fare un esempio) che a torto si finge di ritenere improponibili. Si faccia quello che occorre, per salvare il Paese da una crisi che non ci da' tregua''.
Un no secco arriva anche dai sindacati di categoria del turismo, secondo i quali l'accorpamento delle festivita' "non aumentera' il Pil, ma sara' la 'mazzata' finale per l'economia del turismo, gia' adesso in crisi".
"Come sindacato, siamo perplessi e contrari - spiega a Labitalia Cristian Sesena, segretario nazionale della Filcams Cgil e responsabile del turismo del sindacato - per una serie di ragioni. Innanzitutto, per ragioni di natura valoriale. Stiamo parlando di festivita' laiche e religiose che verrebbero accorpate diluendo cosi' il valore sociale, culturale e storico per il Paese. Poi, se l'obiettivo e' quello di aumentare le ore lavorate e cosi' di conseguenza il Pil, anche qui restiamo perplessi, perche' si va a diminuire quello che e' l'apporto del turismo al prodotto interno lordo".
Secondo Sesena, "gia' oggi il turismo e' in crisi, resiste solo il 'mordi e fuggi' e cioe' il week-end con l'allungo di qualche festivita'". "Se si accorperanno le festivita' - avverte - si dara' un'ulteriore mazzata a questo settore, che non viene mai valorizzato per la crescita dell'economia del Paese".
E a rincarare la dose e' Pierangelo Raineri, segretario generale della Fisascat Cisl: "E' una misura -spiega a Labitalia- che rischia di bloccare i flussi turistici che muovono tante attivita', e di rallentare quindi l'industria turistica. Una norma che avra' effetti su un settore come quello del turismo che gia' di suo ha tanti problemi e difficolta'. Invece che aumentare il Pil, questa norma rischia di ridurre l'apporto dato dal turismo -sottolinea- che rappresenta il 12% del prodotto interno lordo".
"Il problema in Italia -conclude- oggi e' costituito dal reddito dei lavoratori dipendenti che viene 'mangiato' dalla tasse. Per questo, il governo dovrebbe intervenire sulla leva fiscale".