Sondaggio ItaliaOggi-Demoskopea: legge Biagi precaria
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Numero 253, pag. 33 del 22/10/2004
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Legge Biagi precaria |
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Sondaggio ItaliaOggi-Demoskopea sull'impatto della riforma. |
Non garantisce la stabilità lavorativa |
di Teresa Pittelli
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La legge Biagi a un anno dall'entrata in vigore è ancora poco conosciuta e secondo l'opinione comune potrebbe far aumentare la precarietà dei lavoratori. Se da un lato i vecchi collaboratori coordinati e continuativi, che la legge impone di trasformare in lavoratori a progetto o subordinati, saranno assunti solo in tre casi su dieci, dall'altro l'insieme dei contratti flessibili previsto dalla legge potrebbe mettere in pericolo la stabilità dei posti di lavoro. Questa la percezione soggettiva che i lavoratori hanno della riforma del lavoro (legge 30/03 attuata con il dlgs 276/03) secondo il sondaggio ´Gli italiani e la legge Biagi' curato da Demoskopea per ItaliaOggi. Il 60% del campione di persone in età attiva intervistate dall'istituto pensa infatti che la legge 30 potrà soddisfare le esigenze delle aziende, ma non quelle dei lavoratori. E un altro 60% ritiene che diminuiranno i contratti a tempo indeterminato e aumenterà la precarietà, con una maggiore difficoltà, quindi, di ottenere mutui o finanziamenti (57%) e di organizzare la propria vita futura. La metà degli intervistati (48%) teme poi che il continuo turnover impedirà un buon livello di integrazione lavoratori-azienda e comporterà un calo della capacità contrattuale dei singoli, per i quali sarà più difficile ottenere aumenti retributivi (47%). I vantaggi della riforma sono decisamente meno sentiti: l'estensione della formazione professionale è citata solo da tre persone su dieci, la regolarizzazione di situazione precarie da due su dieci. Solo il maggior sviluppo del part-time è citato dal 50% del campione come aspetto positivo, e non a caso il tempo parziale è l'istituto della riforma più conosciuto (46%). Tornando al pericolo di precarietà, la legge Biagi impone che le co.co.co. entro domenica 24 ottobre siano trasformate in contratti a progetto caratterizzati dall'autonomia dell'attività, o in assunzioni a tempo indeterminato se ne ricorrano le caratteristiche. I sindacati, però, mettono in luce anche un altro aspetto che dal sondaggio non emerge: il rischio che alcune imprese, soprattutto medio-piccole, preferiscano disfarsi dei lavoratori che andrebbero assunti, e magari indicare loro la strada dell'apertura di una partita Iva. ´A luglio 2004 le partite Iva erano già 8.033.000 contro i 7.794.000 di dicembre 2003: in soli sette mesi erano 240 mila in più, e si prevede che a fine anno arriveranno 4-500 mila', denuncia Davide Imola, segretario nazionale della Nidil-Cgil. Questo vuol dire, quindi, che su un milione e mezzo di co.co.co. almeno un terzo diventerà una partita Iva. (riproduzione riservata)
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