Shopping center, caos di leggi

Venerdí 30 Maggio 2003
Grande Distribuzione |
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Shopping center, caos di leggi
 Grande distribuzione - Norme regionali e troppi vincoli stanno ostacolando le nuove aperture
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MILANO - Lo sviluppo dei centri commerciali subisce pesanti freni dai vincoli posti dalle normative regionali e, nello stesso tempo, i grandi gruppi stranieri stanno acquistando a raffica vista la latitanza degli investitori italiani. Questo in larga massima il quadro tracciato ieri alla prima giornata del convegno internazionale sugli shopping center, in corso a Milano e organizzato dal Consiglio italiano dei centri commerciali (Cncc), presieduto da Livio Buttignol. In cantiere - secondo il Cncc - risultano una quarantina di progetti di imminente decollo, ma, a causa della frammentazione delle normative regionali, non ci sono certezze sui tempi dei cantieri e delle successive aperture. La situazione italiana. Una indagine Cncc ha censito in totale 461 centri commerciali in Italia, per il 65% circa situati nel Nord e il 15% soltanto al Sud. Complessivamente i centri occupano una superficie di 6,5 milioni di metri quadrati. Le strutture sono in genere di dimensioni molto contenute. Il 70% circa dei centri, pari a 320 strutture, si attesta nella fascia tra i 5mila e i 20mila metri quadrati. Solo 77 sono le strutture tra 20mila e 40mila metri e solo 15 centri sono grandi a tal punto da essere al servizio di un bacino di utenza regionale. La superficie media è dunque di 14mila metri; in pratica quanto un ipermercato di nuova generazione, se non addirittura meno. I punti vendita. Le gallerie commerciali accolgono poi 10.478 punti di vendita, il 90% dei quali con una superficie contenuta, intorno ai 250 metri quadrati. Sono 516 i negozi che arrivano fino a 400 metri. Censite poi 811 grandi superfici specializzate con un'area di vendita complessiva di circa 50mila metri quadrati. Nell'ambito delle attività di ristorazione si contano 1.245 unità per una superficie complessiva di 220mila metri circa, di gran lunga al di sotto - rileva l'indagine - rispetto alle medie di Spagna, Portogallo o Gran Bretagna. Le formule. I centri commerciali italiani, rileva ancora l'indagine Cncc, sono in gran parte (90%) legati allo sviluppo di ipermercati, che rappresentano l'elemento trainante per l'intera struttura. Solo da poco tempo le strutture si stanno arricchendo di elementi legati all'intrattenimento (multisale) o al tempo libero (fitness). Ancora agli albori le formule più avanzate presenti in altri Paesi (Stati Uniti, in pole position), che vedono lo sviluppo di centri commerciali in aree di nuovo interesse, tra cui stazioni ferroviarie, aeroporti, austostrade, stadi o parchi divertimento. In decollo in Italia anche la formula dei factory outlet o dei parchi commerciali. I fattori critici. Gli operatori sono disorientati. Le Amministrazioni di Liguria, Marche, Puglia e Lazio hanno introdotto normative limitanti alle autorizzazioni per nuove superfici commerciali. La Lombardia a fine anno ha di fatto decretato uno stop per gli investimenti in attesa del nuovo piano commerciale di medio periodo. Inoltre 3 Regioni (Marche, Molise e Sardegna), non hanno specifici riferimenti normativi per i centri commerciali. Diverse amministrazioni (Campania, Basilicata, Calabria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Umbria e Valle d'Aosta) hanno previsto per i centri commerciali una autorizzazione unitaria rilasciata al promotore dalla quale - si legge nell'analisi Cncc - discendono le autorizzazioni dei singoli esercizi. Gli investitori. L'ultima operazione è stata messa a segno ieri dalla immobiliare Igd (Coop adriatica) che ha acquisito il centro Casilino di Roma. Ma in Italia sono leader gruppi europei del calibro di Ep, Deutsche bank, Corio, Depfa, per citare solo alcuni dei soggetti esteri che hanno acquisito centri commerciali in Italia. Solo Bnl ha costituito un fondo ad hoc.
VINCENZO CHIERCHIA
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