6/7/2010 ore: 11:48

Settimana decisiva per Pomigliano Fiat nel vicolo cieco tra governo e sindacati

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TORINO - Tornato dall´America, Sergio Marchionne, si ritrova sul tavolo le stesse ipotesi di soluzione di una settimana fa per il caso Pomigliano. Al Lingotto devono ammettere che, seppure in maniera tra loro diversa, al momento sono tutte difficili da praticare. L´ad della Fiat si aspettava una mossa del governo che andasse oltre le dichiarazioni di Sacconi ma non c´è stata. Ieri il ministro del Welfare ha ancora ribadito che «per chi conosce la fabbrica il 62% è un molto, è un buon risultato», aggiungendo che «soltanto dei fighetti chiusi in una stanza potevano pensare a un 90%, ma chiedere ai lavoratori di andare pure a un banchetto e dire di sì è un po´ dura». Ma può bastare veramente un 62 per cento? Al Lingotto non sono molto convinti.
Qualcuno teme che queste esternazioni di Sacconi non aiutino, essendo soltanto la manifestazione di antichi contrasti tra il ministro e la Cgil.
Da esperto giocatore di poker Marchionne è infastidito dall´idea di dover fare un investimento al buio. Perciò sta lavorando, anche sul fronte romano, per cercare una soluzione e si deve prevedere che la fase di stallo che non sia destinata a protrarsi. A Torino assicurano che presto la Fiat farà sapere quali sono le sue intenzioni, questo vuol dire che siamo nella settimana decisiva. L´unica cosa certa è per il momento un accordo separato che, seguito da un referendum che ha dato agli oppositori della Fiom un numero di consensi di gran lunga superiore al peso reale dei suoi iscritti, appare di difficile attuazione. Le quattro sigle sindacali che lo hanno sottoscritto continuano a premere per un incontro con la Fiat che di fatto serva come segnale per la sua messa in atto. Il Lingotto temporeggia perché sa quanto sarebbe difficile governare una fabbrica sulla base di un´intesa respinta dal 38% dei lavoratori. Ma continua a dire no a una convocazione della Fiom. Un accordo ce lo abbiamo e non dobbiamo cercarne un altro, fanno sapere ufficiosamente in Fiat.
La tentazione della newco è riaffiorata in questi giorni, ma è stata almeno per ora accantonata nella speranza di trovare qualcosa di meno complicato. Smontare la fabbrica campana per crearne una nuova con «altre regole» continua ad essere un´ipotesi scolastica che, anche secondo il Lingotto, presenta più aspetti negativi che positivi: oltre alle difficoltà giuridiche, comporterebbe tale e tanti problemi da far rimpiangere la vecchia Pomigliano. L´altra ipotesi alternativa, quella di riportare la produzione della Panda negli stabilimenti polacchi di Tychy, anche questa convince poco i vertici Fiat per diverse ragioni. Prima di tutto perché a quel punto si dovrebbe trovare una qualche attività sostitutiva per Pomigliano e questo potrebbe voler dire rivedere tutto l´assetto strategico della Fiat in Italia contenuto nel piano del 21 aprile. Inoltre si dovrebbe riorganizzare la fabbrica polacca che, tra l´altro, a partire dal 2012 produrrà la Lancia Y attualmente prodotta a Termini Imerese.
Nonostante le dichiarazioni di Sacconi, Marchionne preferisce evitare queste due strade che sembravano agibili fino a quando l´esito del referendum non ha dimostrato il contrario. E poiché perdura il silenzio del governo tocca a lui fare una mossa: ci sono 700 milioni di investimenti e poco meno di un anno e mezzo per preparare la fabbrica campana alla sua nuova missione. E se la Fiat decidesse di avviare i lavori della nuova Pomigliano confidando nella possibilità di trovare col tempo un´intesa più vasta? Inutile chiedere una risposta al Lingotto, stretto com´è tra il segretario della Fiom, Landini «pronto alla riapertura del tavolo, applicando il contratto e non derogando alle leggi e alla Costituzione» e i firmatari che vogliono andare avanti da soli. Ma per quanto in salita, sembra essere l´unica strada.

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