 |
giovedì 14 luglio 2005
Pagina 5
GLI EQUILIBRISMI DI PISANU SUGLI ISLAMICI E LA PRUDENZA DELLA BBC SUI POSATORI DI BOMBE
Ma bomber fa meno paura di terrorista?
di Mattia Feltri
LE parole che non abbiamo mai detto non ci sono più: le abbiamo dette tutte, nelle varianti e fin nelle sfumature, indugiando nell’eufemismo e giocando coi suffissi. Dopo Londra, il festival. Martedì il ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, informando i deputati sull’ultima strage e sulle iniziative studiate per difendere l’Italia, ha proposto di non dire «islamici», quando si parla dei terroristi, bensì «islamisti». Islamico, nell’accezione di Pisanu, sarebbe proprio dell’Islam legittimitato, quello dei paesi musulmani e democratici, mentre i terroristi, ovvio, non hanno un’alta concezione della delega parlamentare, e dunque siano islamisti. E nello stesso giorno alla Bbc - tempio del giornalismo asettico - era passata la norma di bandire dai tg il termine «terrorista», giudicato troppo carico di una volontà commentizia, e di sostituirlo con un più distaccato «bomber» e cioé «attentatore». Dopodiché, tenendo per buoni sia Pisanu sia la Bbc, sappiamo qualcosa di più sugli assassini della metropolitana: sono «attentatori islamisti».
Nei mesi scorsi si era un po’ annacquato l’estenuante dibattito sul titolo da attribuire agli iracheni in armi, se «terroristi» oppure «resistenti», o magari un romantico «guerriglieri». In questo caso dietro all’uso del vocabolario c’era sicuramente qualche sostanza, specialmente quando la scelta di una definizione o dell’altra, presa nei tribunali italiani, è stata determinante nelle sentenze. Ma per i papà e le mamme dei trentadue bambini sterminati ieri a Baghdad il risvolto semantico non sarà consolatorio. Ecco, si era annacquato questo dibattito, e oggi se ne aprono altri, in quantità. In Italia, naturalmente, dove certe finezze lessicali, spesso vicine all’incosistenza, sono ormai genetiche.
Franco Giordano, deputato di Rifondazione comunista, discutendo sull’opportunità di ritirare le nostre truppe dall’Iraq, si è sentito di sottolineare che il prossimo voto del Parlamento non sarà sul «rifinanziamento» ma sulla «proroga», lasciando intendere che questo sarà dirimente. E il suo leader, Fausto Bertinotti, in un’intervista al Corriere della Sera ha indicato la posizione del partito sulle leggi emergenziali - ma c’è chi preferisce chiamarle «straordinarie». Bertinotti ha detto che «le leggi d’emergenza sono inefficaci», e subito dopo che «anche un po’ di legislazione d’emergenza può servire». Così, un domani, ci potrebbe toccare una controversia su «un po’ di leggi emergenziali», o «un po’ meno», o «un po’ di più».
È davvero straordinario il peso della sottigliezza. Per esempio, non si è ancora giunti a una sintesi sulla stato in cui ci troviamo: siamo in guerra? Siamo soltanto sotto attacco? O magari abbiamo semplicemente a che fare con le classiche «cellule impazzite?». Da noi il centrodestra al governo - sebbene sia riuscito a dichiararsi «non belligerante» mentre inviava soldati in un paese privo di sovranità (ma da premier Massimo D’Alema battezzò «difesa attiva» il conflitto in Kosovo) - concorda nel parlare di guerra, con l’approvazione glottologica dei moderati del centrosinistra. Eppure, quando con logica consequenzialità ha suggerito la proclamazione dello stato di guerra, il ministro delle Riforme, il leghista Roberto Calderoli, è stato invitato alle dimissioni dai suoi stessi alleati di governo, mentre dall’opposizione sono state emesse diagnosi impietose sulla sua salute mentale.
Noi, che siamo abituati sin dai tempi delle «convergenze parallele» a misurare con bilance da orefice la differenza fra «ritiro immediato» e «ritiro graduale e improrogabile», ci appassioniamo come ultras sull’aggettivo «anticristiano» scelto dalla Chiesa per qualificare il massacro londinese. Tanto che Michele Serra, sulla Repubblica, ha fatto testamento chiedendo che nessuno lo dichiari «vittima cristiana», qualora Al Qaeda lo colpisse a morte. Il gioco comincia a prendere anche gli inglesi, con Scotland Yard molto prudente nel tirare in ballo i «suicide bomber» (i kamikaze) e molto attenta a indicare i luoghi della carneficina come «scene del delitto», in un affascinante richiamo a Sherlock Holmes e adeguandosi alla ricerca della locuzione appropriata, non così decisiva nella ricerca della soluzione al problema.
|
 |