Scatta il "no ticket day"
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a pranzo si paga in contanti ROMA - No ticket for food, solo contanti se vuoi mangiare. Respinti al mittente i buoni pasto, inutili come carta straccia per pagare il conto al bar o al ristorante, per comprare in rosticceria o al self service. Da ieri in tutt´Italia è impossibile ottenere con i ticket hamburger o patatine nei Mc Donald´s, e la serrata contro i buoni pasto nei pubblici esercizi, cominciata ieri a Torino, da oggi si allarga a scacchiera con forme e tempi diversi. Il D day ufficiale è domani ma a Venezia scatta da questa mattina, a Milano da lunedì prossimo, a Napoli dove spesso accettano impropriamente i ticket anche negozi di elettrodomestici e persino i mobilifici, lo sciopero sarà di un giorno alla settimana. Mentre a Roma dove molti locali già li snobbavano o sceglievano quelli con le commissioni più basse, c´è chi da domani pensa di incassare i ticket ma solo a patto di aumentare il conto del 10 per cento. La protesta andrà avanti ad oltranza, assicurano i dirigenti della Fipe Confcommercio che l´hanno indetta esasperati «dalle commissioni che sui buoni pasto sono ormai del 12 per cento, un tasso insostenibile per gli esercenti ai quali non conviene più accettarli». Con ovvi disagi per schiere di dipendenti senza mensa visto che sono più di cinque milioni le persone che quotidianamente mangiano in bar, fast food e pizzerie. Di cui quasi la metà - circa due milioni - utilizza più di 350 milioni di buoni per un giro di affari che supera i due miliardi di euro l´anno. In loro difesa si è mosso il Codacons, l´associazione dei consumatori, che ha presentato un esposto al procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, contro i pubblici esercizi che non accettano i buoni pasto, ipotizzando il reato di truffa. Lo sciopero dei ticket è stato invece giudicato legittimo dal vice ministro alle attività produttive Adolfo Urso che però ha aggiunto che «Il problema non può essere risolto a scapito dei lavoratori e si impone quindi un´istruttoria da parte dell´Antitrust che indaghi su tutta la filiera». Alla base della rivolta sui ticket, decisa dai commercianti della Fipe Confcommercio, sono i continui aumenti delle commissioni che gli esercenti gestori devono riconoscere alle società che emettono i buoni pasto. «Dieci anni fa erano del 2 per cento, ora si arriva anche al dodici», dice il presidente Fipe Edi Sommariva - senza contare che i pagamenti arrivano anche tre, quattro mesi dopo». Il valore nominale del singolo buono pasto si riduce a causa del notevole sconto - anche del 19 % - con cui le società vendono i buoni ai datori di lavoro con le aste al ribasso o quelle on line, accusano gli esercenti. Il che vuol dire che molte aziende, pubbliche o private, acquistano i buoni spendendo per ogni euro poco più di 80 centesimi. «La causa di tutto sono i datori di lavoro che vanno alle aste al massimo ribasso invece di pensare alla qualità del cibo per i loro dipendenti. Per questo vorremmo avere l´appoggio dei sindacati e chiediamo scusa ai lavoratori che subiranno i disagi maggiori in questi giorni», dice Sommariva. Per uscire dall´impasse la Confcommercio in una lettera inviata ai ministri Scajola e Siniscalco ha chiesto l´intervento del governo con l´obiettivo di vietare le gare al massimo ribasso e ottenere una regolamentazione del mercato dei buoni pasto. |