Roma. Negozi liberi di aprire, ma le serrande restano giù
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Rocca (Sma): «Buoni incassi nei festivi»
Quattro mesi dopo l’accordo con il Campidoglio, gran parte degli esercizi ieri sono rimasti chiusi soprattutto fuori dal Centro storico
Negozi liberi di aprire, ma le serrande restano giù
Centri commerciali presi d’assalto. La Confesercenti: «Così i piccoli vengono tagliati fuori»
Difficile fare la spesa fuori dal centro storico. Impossibile trovare un negozio aperto tra Prati, Salario Trieste, Aurelia, Boccea. E così succede che di domenica i grandi magazzini e i centri commerciali siano presi d’assalto: fila alle casse e davanti ai banconi, lunghe attese per lasciare l’auto, ma anche ampia scelta e poi vuoi mettere la possibilità di fare la spesa (anche in vista dell’inizio dell’anno scolastico) quando non si lavora?
In base a un accordo firmato in primavera tra amministrazione comunale, associazioni di categoria e sindacati, i negozi all’interno delle mura storiche hanno la facoltà di restare aperti dodici mesi l’anno. Quattro mesi in meno gli esercizi commerciali al di fuori del centro storico. Ma bastava fare un giro per la città, per tutta la giornata di ieri, per scoprire che gran parte delle saracinesche dei piccoli negozi (di qualsiasi genere) erano state lasciate abbassate. Negozi chiusi a viale Libia, via Cola di Rienzo, via Appia e gran parte di via Trionfale e Marconi. Aperti, invece, più della metà di quelli che costeggiano via del Corso, un terzo su via Frattina, un quarto su via Borgognona, la metà su via Condotti. Per il resto, meglio fare la spesa un altro giorno.
«Oggi la piccola distribuzione se resta isolata, se non entra in agglomerati viene tagliata fuori», sostiene il presidente della Confesercenti, Antonio Nori. «Tanto è vero che la grande distribuzione vorrebbe estendere l’accordo ad ogni angolo della città: aperta sempre e in qualsiasi quartiere, centro e periferia - aggiunge Nori - Una strada già iniziata, tanto che dal prossimo anno fuori del centro i negozi avranno la facoltà di restare nove mesi invece di otto». A meno che, sostiene il presidente Nori, non si arrivi «a centri commerciali naturali integrati, dove si mettano insieme una serie di assortimenti».
«Il diffuso non può pensare di fare concorrenza alla grande distribuzione, deve pensare a specializzarsi, garantire un prodotto diverso, ricercato, originale», dice Luigi Corazzesi, segretario regionale Filcams-Cgil. «Aprire nei giorni festivi costa, basti pensare agli straordinari, ai numerosi contratti molti dei quali part-time richiesti dagli studenti che lavorano dal venerdì alla domenica. Ma a fronte di un aumento dei costi, 30, 40 per cento in più rispetto al piccolo, quest’anno abbiamo registrato buoni incassi, la scelta di tenere aperti i magazzini la domenica anche tutta la giornata ci ha dato ragione. Questo almeno l’andamento registrato a settembre», afferma Mario Rocca, responsabile della grande distribuzione Sma.
E l’accordo tra Campidoglio, Federlazio, Confesercenti, Confcommercio e sindacati che doveva servire ad aumentare i posti di lavoro fino a 1.500 in tre anni? E l’Osservatorio per la regolarizzazione delle situazioni a rischio? Impegni, protocolli d’intesa, accordi che fine hanno fatto? «La verità è che negli ultimi tre mesi non c’è stata crescita del lavoro, solo aumento del peggioramento all’interno dei centri commerciali come Granai, Romanina, dove devono convivere sia grande distribuzione che diffuso», spiega Corazzesi, il sindacalista della Cgil per Roma e Lazio. A Roma, secondo l’organizzazione sindacale, sono 90 mila gli addetti agli esercizi commerciali, «di questi almeno il cinquanta per cento sono irregolari. lavoratori in nero, ma anche quelli che pur avendo un contratto regolare di tre, quattro mesi, non ricevono alla fine, tanto per fare un esempio, né tredicesima, né ferie». Proprio come avevano scritto in una lettera al sindaco, tre mesi fa, 500 commessi: una lettera in cui chiedevano il rispetto dei loro diritti.
C.R.
VIA DEL CORSO & DINTORNI
Shopping, questione di grandi firme
Le vie dell’Alta moda salvano la faccia: «E’ il biglietto da visita per i turisti»
di FRANCESCA FILIPPI
«La domenica? Preferiamo restare aperti per offrire un servizio a romani e turisti. Le saracinesche abbassate non sono mai un bel biglietto da visita da mostrare ai clienti». Roberta Sambuco, assistente nel negozio Fendi di via Borgognona non ha dubbi. E come lei tanti altri colleghi del centro storico sono sicuri: «E' meglio esserci, anche nel giorno festivo per antonomasia». Soltanto i negozianti di religione ebraica hanno deciso di rimanere chiusi tutto il giorno o di chiudere alle 18.30 anziché un'ora più tardi per onorare una festività che terminerà oggi. Via del Corso, come ogni fine settimana, è stata presa d'assalto. Qui, infatti, su 157 esercizi, 93 sono rimasti aperti al pubblico e quasi tutti rispettando l'orario continuato dalle 11 alle 19.30. Stessa cosa in via Condotti dove su 38 negozi, sedici hanno lavorato regolarmente. Appena sei su 27, invece, in via Borgognona (Cavalli, Ferrè, Fratelli Rossetti, Moschino e Fendi), mentre in via Frattina quasi tutti hanno tenuto le saracinesche abbassate. Su 70 negozi, soltanto ventidue hanno garantito un servizio ai clienti, ma va detto che un esercizio è chiuso per rinnovo locali e un altro riaprirà il 17 settembre, entrambi d'abbigliamento. Via del Gambero è apparsa deserta con cinque esercizi aperti su diciassette. I negozi più gettonati? Quelli di abbigliamento, scarpe, borse, cravatte, telefonini, orologi, calze, biancheria intima, articoli sportivi, dischi, occhiali, giocattoli e vestiti per bambini, mentre profumerie, gioiellerie, antiquari e negozi con articoli per la casa hanno preferito il riposo domenicale. E non è tutto. Anche le grandi firme, infatti, sembrano preferire l'apertura facoltativa. Alessandra Gilardi, 33 anni, commessa da Luisa Spagnoli, afferma: «Da anni restiamo aperti anche la domenica, tranne che nel mese di agosto. Non solo, ma dal 2000 lavoriamo anche il lunedì mattina come "la Rinascente" mentre gli altri aprono dopo le 16». E ancora: «Per il nostro marchio l'importante è esserci, comunque - dice Giovanni Capuano, responsabile della maison Roberto Cavalli in via Borgognona - Per noi questo è il secondo anno che apriamo la domenica dalle 11 alle 19,30 mentre il lunedì l'attività si svolge dalle 13 alle 19.30 ad eccezione di domani (oggi per chi legge n.d.r.) che ci vedrà chiusi perché il titolare del negozio in franchising è di religione ebraica». E se Ferragamo, Versace, Trussardi e Dolce Gabbana si ostinano a restare chiusi la domenica, Luis Vuitton Dior, Prada, Alberta Ferretti, Iceberg e Gucci, invece, la pensano diversamente. Insomma per gli amanti dello shopping domenicale, almeno in centro ce n'è per tutti i gusti e per tutte le tasche.