2/7/2007 ore: 12:09
Riformismo a sinistra: si sfidano ministro e sindacalista
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Pagina 9 - Primo Piano L'INCONTRO A SERRAVALLE si sfidano ministro e sindacalista Federico Fubini Decisi entrambi a pungolarsi (anche) sulla base della candidatura di Walter Veltroni al Partito democratico; impegnati tutt'e due a mostrare che il più conservatore, in realtà, è l'altro. Ha un bel rispolverare il ministro degli Esteri la migliore retorica di scuola Fgci anni '70 sulla Cgil «baluardo di democrazia». E ha un bel replicare il leader del sindacato, ieri al termine del seminario confederale a Serravalle Pistoiese, che l'invito a D'Alema «non è certo casuale». Non c'entra che negli anni precedenti l'ospite «non casuale» fosse un avversario, da Luca Cordero di Montezemolo a Tommaso Padoa- Schioppa. Perché neanche gli omaggi dissipano l'impressione che tutt'e due, Epifani e D'Alema, vogliano accumulare punti a spese dell'altro. Più nell'immediato, lo fanno sul terreno della politica economica. Il titolare della Farnesina «da uomo di sinistra che vuole un sindacato moderno», si concede un affondo sulle pensioni di anzianità. Prima accusa la Cgil di Epifani di immobilismo: «Dovevamo avere più coraggio nel circoscrivere per tempo le categorie dei lavori usuranti, poi procedere sugli altri». Quindi parla quasi da ministro tecnico del Tesoro, non da «uno dei pochi politici di professione rimasti» (così si autodefinisce). Calcola D'Alema, quanto al passaggio del pensionamento d'anzianità da 57 a 60 anni: «I soldi per cancellare lo scalone non ci sono, costa 7 miliardi, e quand'anche ci fossero sarebbe sbagliato metterli in un operazione di questo tipo: la priorità sono i giovani precari, le pensioni a 340 euro». Ma Epifani sa che con D'Alema di questi tempi si negozia sul Libano, non sugli scalini. Quindi risponde appena: ricorda giusto che lui punta sempre molto sugli incentivi a restare oltre i 58 anni. Con il ministro degli Esteri in realtà gli preme parlare di identità, vuole sfidarlo per chi è più in sintonia con l'Italia di oggi: gli ex comunisti proiettati verso il Pd con gli ex Dc oppure lui, il vecchio socialista che oggi contende alle sinistre radicali il medesimo pubblico. Non vuole, Epifani, che gli resti attaccata l'etichetta del conservatore: «D'Alema pensa che io lo sia, anche se non lo ha detto esplicitamente», gli sfugge. Così il leader Cgil attacca l'ex premier sul problema dei costi della politica. La risposta di D'Alema non si limita a ricordare le misure in arrivo, cita anche Palmiro Togliatti sulla politica «specchio del paese». Poi però il ministro subito risale la serie degli ex segretari del Pci, e tocca a Luigi Longo che aveva parlato di «equo profitto». Insomma, è l'invito, «non siamo un'orda di barbari che impicca gli imprenditori». Qui D'Alema è al punto. Sollecitato dal direttore del Sole- 24 Ore Ferruccio de Bortoli, il ministro richiama i valori riformisti del Pd e invita le confederazioni a muoversi come l'Ulivo: «Le divisioni del dopoguerra sono finite, anche il sindacato ha un'occasione per l'unità». Vero, l'uomo che da premier nel '99 duellò con la Cgil di Sergio Cofferati sulla «fine del posto fisso» resta cauto. Vuole un sindacato autonomo, dice. Ma Epifani stavolta raccoglie la sfida solo a metà: le primarie confederali sono ancora irrealistiche, fa capire. Per ora Epifani ricorda solo il «suo» spicchio di Veltroni: «Quello contro la precarietà». Di quello sui sindacati che dimenticano i giovani, invece, a Serravalle non si parla. |