Professionisti «senz’ordine». Un esercito di invisibili
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Professionisti in ordine sparso. O meglio, senz’ordine (professionale), né albi, né certificazioni e con scarse tutele. Sono oltre tre milioni gli italiani che lavorano così, partita iva alla mano o contratto di collaborazione in tasca. Un piccolo esercito di grandi competenze, importante per la nostra economia, ma che solo da poco è emerso dall’anonimato, grazie all’Unione europea e alla galassia di associazioni che cercano di dare voce alle loro rivendicazioni. Si tratta di archeologi, interpreti, tributaristi, osteopati, certificatori energetici, informatici, mediatori culturali, designer, patrocinatori stragiudiziali, optometristi, traduttori, fisioterapisti, sociologi, consulenti familiari: professionisti che operano dai servizi alle imprese alle attività di cura, a quelle di comunicazione per le aziende. Per tutti loro, e per molti altri, ieri si è aperto al ministero dello Sviluppo economico il tavolo per le professioni cosiddette «non ordinistiche». L’idea è quella di dare a questo mondo economico e sociale un quadro di regole anche in campo contributivo e fiscale, magari evitando la nascita di nuovi ordini professionali e aumentando le tutele. Così vuole l’Unione europea, così chiedono i lavoratori e i sindacati. Ieri al primo incontro convocato da Mister Pmi, Giuseppe Tripoli - figura suggerita dall’Europa come portavoce delle istanze delle piccole e medie imprese in sede Ue - hanno partecipato Assoprofessioni, Colap, Confindustria, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confprofessioni, Casartigiani, Claai, Accredia, Uni insieme al Cnel, che da poco ha calcolato in tre milioni i professionisti coinvolti. Non c’erano invece i sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, che più volte hanno chiesto di convocati al confronto, anche sulla base del fatto che, spesso, i lavoratori interessati seppur formalmente liberi professionisti sono in realtà dipendenti a tutti gli effetti (si pensi alle partite iva che hanno un solo committente). Per questo, «rinnoveremo ancora una volta al ministero dello Sviluppo l’invito a coinvolgerci », dice Davide Imola, responsabile per la Cgil del settore Professioni. Ma intanto il tavolo è partito: «Abbiamo iniziato un percorso condiviso - ha detto mister Pmi - consapevoli che in Parlamento sono in discussione alcuni disegni di legge che puntano a regolamentare queste attività professionali non ordinistiche». L’obiettivo dei «senza albo» è il riconoscimento dei profili professionali e delle professioni non regolamentate, anche a vantaggio dell’utenza. «Per questo - ha aggiunto Tripoli - i presupposti essenziali sono l’innovazione, la qualità delle attività e della certificazione e la tutela del cliente, impresa o cittadino, nel quadro delle regole europee». Il tavolo tornerà a riunirsi entro giugno. Nel frattempo va avanti anche il confronto tra i sindacati e le associazioni dei professionisti riconosciuti (quindi con un ordine o un albo), che impiegano lavoratori nei loro studi professionali. Oggi sono circa un milione i dipendenti degli studi professionali, come i/le segretari/e degli avvocati o dei commercialisti. Per questi lavoratori esiste un contratto nazionale. L’idea di sindacati, e associazioni datoriali, è di estendere alcune parti di questo contratto anche a chi lavora negli studi come praticante (300mila aspiranti avvocato), con partita iva o con contratto a progetto (600mila collaboratori).