Privatizzare la sicurezza assumendo gli ultras
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 giovedì 14 aprile 2005
EDITORIALE
STADI Privatizzare la sicurezza assumendo gli ultras
Altro giro, altra corsa. L’eccitato dibattito su come fermare la violenza negli stadi è destinato a tormentarci per la prossima settimana, ovviamente senza produrre alcuna decisione. Il massimalismo con cui è partito (chiudere gli stadi) assicura già l’esito minimalista. Poche misure sarebbero efficaci, ma naturalmente sono quelle che non verranno mai prese, perché toccano interessi, abitudini e stili di vita consolidati del mondo del pallone, forse uno dei punti più marci nella generale crisi del paese.
La prima misura che andrebbe presa, per esempio, dopo i fatti di Milano, sarebbe la liquidazione dell’attuale gestione dell’Inter. Gli esagitati interisti avevano infatti come interlocutore della loro guerriglia non già l’incolpevole Dida, e nemmeno l’arbitro, ma Massimo Moratti e una delusione decennale, che nello sport vero è nel novero delle possibilità e non dovrebbe suscitare altro che frustrazione; ma che, quando si accompagna alle roboanti promesse e al titanismo impotente dei presidenti, genera ribellione, come in una vertenza politica o sindacale trascinata per troppo tempo. Dunque Moratti dovrebbe - come si dice - trarne le conseguenze. Un’azienda non può essere gestita così, senza un management che comandi e con tutti che fanno il comodo loro. La prova di questo fallimento - che non è sportivo, ma di governance - era in campo ieri. Se proprio Moratti intendesse restare, dovrebbe infatti cominciare a licenziare nell’ordine: Mancini, che protestava con l’arbitro e lo accusava persino mentre lo stadio andava in fiamme; Cordoba, il terzino che invece di mandare a quel paese i suoi tifosi applaudiva ironicamente l’arbitro che aveva - finalmente - sospeso la partita; Cambiasso, l’argentino che nel dopo partita ha dichiarato che «la reazione della gente è stata calda, sì, ma perché aveva visto una cosa che non era normale», cioè le sue proteste per il gol annullato; il pluri-tatuato Materazzi («non giustifico i tifosi ma li posso capire, in curva ci sono persone intelligenti»); il regista Veron («la gente si sfoga, può capitare»).
La seconda misura che andrebbe presa è quella di privatizzare la sicurezza degli stadi (insieme agli stadi). La forza pubblica non può mantenere l’ordine in curva per la semplice ragione che in curva non può nemmeno entrare, e se ci entrasse sarebbe peggio perché ci scapperebbe il morto. In curva la sovranità appartiene agli ultras, sulla base di un patto tacito con le società, nelle cui vicende i teppisti pesano esercitando l’arma del ricatto e della violenza. Sarebbe dunque bene sciogliere questo nodo rendendolo trasparente. Le società si assumono la responsabilità delle curve con vigilantes privati, come avviene in Gran Bretagna e anche in Usa (vengono pudicamente definiti stewarts). Metteranno a contratto la parte migliore degli ultras dando loro una divisa e la licenza di espellere chi vogliono in qualunque momento; esattamente come avviene nelle discoteche con i buttafuori. Il rapporto incestuoso già esiste, meglio dunque contrattualizzarlo, assegnando così le relative responsabilità. Tutto il resto, ahinoi, sono chiacchiere, buone per riempire i talk show televisivi.
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