Pressing dei sindacati su Marchionne
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Per Ferrari balzo degli utili del 46%. Romiti: Fiat senza l’Italia non sarebbe migliore
MILANO — Il più pragmatico è Raffaele Bonanni. Il segretario Cisl, ossia il leader sindacale che più di altri aveva messo la faccia sull'accordo per Pomigliano, ora a Sergio Marchionne ha già chiesto «semplicemente» un incontro: «Per chiarire dove si investe, su cosa, e cosa si domanda in cambio». E «prima ci si vede meglio è, discutere e basta serve solo ad alimentare una piccionaia».
Sono passati due giorni, da Che tempo che fa, e la bufera scatenata dall'amministratore delegato Fiat un po' si è attenuata. Ma certo non è finita. Un risultato, il numero uno del Lingotto, l'ha ottenuto. È stato sepolto dalle critiche, ieri anche Cesare Romiti - suo predecessore a Torino - ha risposto con un secco ed eloquente «no» a chi gli chiedeva: «Davvero la Fiat senza l'Italia farebbe meglio»? Però i problemi sollevati, alla fine, al centro dell' agenda ci stanno forse arrivando, la «questione Lingotto» è uscita dal cerchio riduttivo dello scontro tra un'azienda e un sindacato (la Fiom). Ne uscirà ancora di più, nelle speranze, a partire dal 4 novembre: da sei mesi non c'era un ministro dell'Industria, adesso con Paolo Romani Marchionne riporterà direttamente al tavolo del governo i nodi-Paese sollevati con tanto clamore in televisione. E quell'incontro che Bonanni ha chiesto - non solo per sé, ovviamente, e fuori dai riflettori i pour parler già ci sono - potrà essere un altro passo.
Nel frattempo, in questi due giorni a stemperare il clima hanno contribuito i riservatissimi contatti istituzionali di John Elkann. È poi vero che le polemiche restano. Ma un po' più spostate sulla sostanza. Guglielmo Epifani, il segretario della Cgil, con Marchionne è ancora durissimo: «In un' azienda tedesca dopo un'uscita così in tv l'avrebbero cacciato». Oltretutto, aggiunge, ha «reso più difficile la ricomposizione della vertenza con la Fiom». Riconosce però, insieme, «che lui scambia la causa con gli effetti ma non dice il falso: la Fiat ha davanti scelte delicate, c'è una gigantesca questione di politica industriale di fronte a cui qualsiasi altro governo avrebbe già aperto un tavolo».
Si vedrà nei prossimi giorni. Torino intanto porta a casa nuovamente lo scontato supporto di Confindustria, con Emma Marcegaglia che definisce quello di Marchionne «un appello a risolvere problemi veri, e non ha affatto minacciato di lasciare l'Italia: né lui, né la Fiat, né Elkann». E il meno scontato appoggio (all'analisi) di un Nobel per l'Economia. Christopher Pissarides, ospite a Ballarò: «L'Italia ha bisogno della Fiat e la Fiat ha bisogno dell'Italia. Al di là di questo Marchionne ha ragione: l'Italia è in fondo alla classifica Ocse sul funzionamento del mercato del lavoro».