Pomigliano: nasce Fabbrica Italia, ma la Fiat non lascia Confindustria. Per 2 mesi
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TORINO - Da fine settembre tutti i lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano saranno riassunti dalla nuova società costituita per gestire l'accordo del 15 giugno, non firmato dalla Fiom. Fabbrica Italia non sarà iscritta all'Unione industriale di Napoli, ha riferito il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo, al termine dell'incontro in cui l'azienda ha comunicato ufficialmente ai sindacati la nascita della nuova compagnia. Della società, controllata da Fiat Partecipazioni, faranno parte anche i mille lavoratori della Ergom, azienda dell'indotto. All'incontro non ha partecipato la Fiom. «La Fiat ci ha comunicato che sono già partiti tutti gli ordini relativi all'investimento per la Panda», ha spiegato Di Maulo, «e che già ad agosto cominceranno i lavori per la ripulitura dell'area che ospiterà la linea della vettura a partire dalla lastratura». A settembre saranno definite le regole contrattuali della newco e verrà sottoposta ai 5.200 lavoratori la lettera di riassunzione, man mano che ci saranno le esigenze produttive. Quindi, per un periodo, una parte dei dipendenti continuerà a far parte di Fiat Group Automobiles per produrre l'Alfa 159.
Sospesa Disdetta Contratto - La Fiat ha intento sospeso per due mesi la decisione sulla disdetta del contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici e sull'uscita da Confindustria, dopo l'incontro di mercoledì tra l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, e il presidente degli industriali, Emma Marcegaglia. Lo riferiscono fonti sindacali presenti all'incontro all'Unione industriali di Torino su Fabbrica Italia e lo conferma il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che a margine di un convegno ha affermato che la Fiat «non rinuncia a essere associata a Confindustria, non cerca strade al di fuori delle relazioni industriali». Alla riunione - sempre secondo quanto riferiscono i sindacati - la Fiat ha comunicato la disdetta degli accordi sul monte ore dei permessi sindacali negli stabilimenti di Pomigliano e di Arese. «Tutto questo marchingegno è fatto per difendere l'accordo di Pomigliano. Se la Fiom aderisse all'accordo di Pomigliano, non ce ne sarebbe bisogno», ha commentato Di Maulo (Fismic).
- «Nuovo Modello Contrattuale» Il ministro Maurizio Sacconi ha anche commentato le parole di Marchionne, che aveva chiesto ai sindacati un sì o un no sul piano. «L'incontro è stato molto positivo. Marchionne ha parlato a un sindacato, perché con gli altri si è già trovata un'intesa. Si va sempre più attuando un nuovo modello contrattuale, quello non a caso non sottoscritto dalla Cgil. Un modello che ci dice che il contratto nazionale è una cornice leggera di diritti, all'interno della quale ci deve essere molta duttilità tra le parti». Sacconi ha quindi lanciato un auspicio: «Si è creata una piattaforma riformista a cui partecipano le organizzazioni sindacali e mi auguro che la Cgil voglia riflettere sulla propria autoesclusione da questa piattaforma».
- Epifani: «Da Marchionne Un Ricatto» Quanto al principale sindacato italiano, ora messo ai margini del confronto, vanno rilevate le dichiarazioni del segretario, Guglielmo Epifani, che in un'intervista all'Unità ha evidenziato che «Marchionne chiede tutto in cambio di promesse fumose». «Noi siamo pronti a discutere - ha aggiunto -, ma da lui abbiamo ascoltato parole al limite del ricatto». Ovvoero, «se non fate quello che dico io, me ne vado altrove perché la Fiat è un gruppo mondiale e posso scegliere dove fabbricare. Non ci sono cambiamenti nel suo diktat, e né oggi, bisogna sottolinearlo, ci sono certezze sui volumi produttivi e sugli investimenti del gruppo in Italia». Epifani non condivide inoltre il teorema secondo cui il rifiuto da parte della Cgil di accettare il piano di Marchionne avrebbe portato l'azienda a spostare la produzione dei nuovi modelli in Serbia. «Non è vero - sostiene Epifani -. Lo stesso Marchionne ha detto che il trasferimento è stato deciso per una questione di tempi, perché Mirafiori non sarebbe stata pronta. La verità è che Marchionne continua a promettere investimenti che restano confusi, chiede una nuova organizzazione del lavoro, nuovi ritmi, deroghe alle leggi e al contratto nazionale, ma poi non c'è la certezza di cosa produrranno le fabbriche italiane».