25/7/2007 ore: 9:45
Podda: «Super Inps? Servono proposte realistiche»
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Pagina 15 - Economia & Lavoro non inseguiamo illusioni» L’impresa sembra di dimensioni titaniche: razionalizzare gli enti previdenziali italiani per recuperare 3,5 miliardi di euro in dieci anni. Abbastanza per finanziare buona parte della riforma delle pensioni. E per scoraggiare sulla possibilità di un simile risparmio quanti conoscono la burocrazia statale e le sue capacità di resistenza. Le strade percorribili sono due: una fusione per creare un nuovo Super-Inps da 600 miliardi di euro di fondi gestiti (ipotesi respinta dai sindacati), oppure sinergie tra gli enti per migliorarne bilanci ed efficienza (ipotesi dalle ricadute economiche tutte da valutare). Che fare? «La nostra disponibilità al confronto è totale, sediamoci a un tavolo e vediamo come trovare 350 milioni di euro all’anno» assicura Carlo Podda, segretario della funzione pubblica Cgil. E non si tratta di una precisazione casuale: «Non vorremmo trovarci di fronte ad atteggiamenti dilatori o proposte inaccettabili, solo per giustificare il ricorso agli aumenti contributivi. Il conto non deve essere pagato da tutti i lavoratori d’Italia». Sul riassetto degli enti pende, infatti, la spada di Damocle voluta dal ministro Padoa Schioppa: se il processo di riorganizzazione non darà i risultati sperati, al 2011 scatterà automaticamente un incremento dello 0,09% dell’aliquota contributiva per dipendenti, autonomi e parasubordinati. Quanto basta per pagare un bel pezzo dell’eliminazione dello scalone Maroni. Il rischio, nemmeno troppo implicito, è che ai sindacati possa essere attribuita la responsabilità di un eventuale fallimento, magari indotto da resistenze delle alte burocrazie toccate dal riordino o da scarsa volontà politica. «Apriamo la trattativa da settembre, i risparmi necessari si possono trovare» insiste ancora Podda. Di slancio elenca una serie di possibili interventi: l’accorpamento all’Inps di enti minori come Ipost (poste), Ipsema (marittimi) ed Enpals (spettacolo), la gestione comune di alcune funzioni di Inps e Inpdap, la migliore dislocazione degli uffici territoriali e la centralizzazione di acquisti e approvvigionamenti. Il segretario della Fp Cgil apre anche sulla mobilità del personale tra un ente e l’altro e propone «di dare un’occhiatina alle consulenze e agli appalti». Insomma, c’è materia su cui lavorare, a condizione che il confronto sia serio: ovvero, che non si facciano calcoli campati in aria su tagli al personale. Già si parla di 7mila esuberi (stima del ministro Giulio Santagata), 15mila (timore del leader Cisl Raffaele Bonanni) o addirittura 20mila (incubo del presidente Inpdap, Marco Staderini). «Gli eventuali esuberi andrebbero comunque ricollocati a parità di retribuzione». Eventuali accompagnamenti alla pensione? «Sarebbe incoerente, non si possono fare prepensionamenti per finanziare una riforma che allunga l’età lavorativa». Insomma, i tagli al personale non produrrebbero alcun risparmio. A meno che... «Mi auguro che nessuno pensi davvero di licenziare in tronco migliaia di dipendenti pubblici, mettendoli per la strada» dice Podda. Meglio al tal proposito ribadire anche quello che dovrebbe essere ovvio, vista la «superficialità del dibattito», che si limita ad ipotizzare tagli occupazionali irricevibili. O fusioni non realizzabili: «Fondere Inps e Inail, un ente previdenziale con uno assicurativo che si occupa di prevenzione della salute sul lavoro, è mettere insieme le mele con le pere. Mi aspetterei maggiori capacità di elaborazione». Che sia difficile nessuno lo mette in dubbio. Ma finchè non ci si siede a un tavolo a tirare somme, il risparmio di 3,5 miliardi resta una chimera. |