1) Cordani: “La farmacia polo è inutile”
2) Farmacie: sindacati e dipendenti contro ulteriori privatizzazioni
Cordani: “La farmacia polo è inutile”“Giusto privatizzare ma occorreva avere più rispetto per i dipendenti comunali”
La complessa vicenda della vendita delle farmacie comunali ha acceso la discussione tra le forze politiche presenti nell’aula di Palazzo Mercanti. Nelle fila della stessa maggioranza sono emerse posizioni in contrasto con le decisioni prese dalla giunta. Al centro dell’attenzione c’è l’intento del sindaco, più volte formalizzato in varie sedi pubbliche, di voler portare avanti la realizzazione della farmacia polo. Guidotti difende la necessità di mantenere sul territorio urbano la presenza di una struttura pubblica per la distribuzione dei medicinali che offra una vasta gamma di servizi ai cittadini, aperta tutti i giorni dell’anno, senza limitazioni di orario. Un proposito che ha suscitato nello schieramento di centrodestra parecchie perplessità e pure dissensi, alcuni sopiti perché sacrificati sull’altare della coesione necessaria al voto dell’ultimo bilancio del mandato, altri platealmente manifestati durante il dibattito nell’aula del consiglio. Chi non ha fatto mistero di essere contrario alla realizzazione della farmacia polo è Valter Cordani, consigliere di Forza Italia e di professione farmacista. La contestazione di Cordani, che ha fatto andare su tutte le furie il sindaco, ha avuto per oggetto la decisione, presa in extremis dalla Giunta, di stornare dal Bilancio 450 milioni per l’acquisto dei locali dove collocare la farmacia polo. La polemica con Guidotti sembra non essersi ancora placata, anche se Cordani ha desistito dall’iniziale intenzione di differenziarsi dalla sua maggioranza, non votando il bilancio. Il consigliere di Forza Italia ripercorre le tappe del processo di privatizzazione promosso dall’attuale amministrazione: “abbiamo ereditato il problema delle farmacie dalla precedente giunta di centrosinistra che aveva un progetto di costituzione di una S.P.A., ma che poi non ha portato a termine.” La giunta Vaciago infatti ipotizzò di istituire una società in parte pubblica, per una quota pari al 20%, col restante 80% in mano ai privati, con la possibilità per i dipendenti di partecipare alla gestione: furono gli stessi lavoratori ad opporsi alla proposta. Cordani prosegue affermando che “il centrodestra ha deciso di percorrere un’altra strada, dando il via alle privatizzazioni senza un programma definito in anticipo, vendendo di volta in volta le farmacie.” Fino ad oggi sono state cinque le vendite portate a termine dal Comune (la sesta è in corso); i lavoratori ancora impiegati nelle strutture comunali stanno vivendo con apprensione la situazione di incertezza e chiedono garanzie per la tutela della loro professionalità. Cordani afferma di condividere le preoccupazioni dei dipendenti delle farmacie pubbliche: “sindaco e giunta avrebbero dovuto avere più rispetto per la loro posizione.” La sua opinione è che la questione della farmacia polo “è stata posta in modo improprio: la scelta di realizzarla andava fatta prima di iniziare il processo di privatizzazione”, e non dopo. Riguardo poi al problema di garantire il servizio diurno continuo e quello notturno, Cordani è del parere che l’attuale turnazione delle farmacie, sia quelle private che comunali, svolga ottimamente la sua funzione rendendo inutile il progetto di una farmacia polo. Il consigliere di Forza Italia tiene a far sapere che Federfarma (il sindacato dei farmacisti privati) non proclama scioperi da 30 anni, e che non vi sono assolutamente rischi di sospensione del servizio in caso di ritardo dei rimborsi dell’USL sui farmaci. I termini in cui si esprime Cordani sono assai chiari: “la realizzazione della farmacia polo andrebbe a rompere un equilibrio di mercato faticosamente raggiunto, senza offrire un servizio migliore di quello attuale”. Quanto al problema del reimpiego dei dipendenti ancora occupati nelle farmacie comunali, si potrebbe risolvere con l’ampliamento dell’orario di apertura, da 40 a 44 ore settimanali, delle strutture pubbliche ancora in funzione: una facoltà, dice Cordani, che appartiene alla discrezionalità del sindaco. (m.f.)
Le farmacie comunali in cifre
• Sono state aperte nel periodo che va dal 1963 al 1975 per erogare servizi di prevenzione, educazione sanitaria e scientifica nonché assistenza farmaceutica ispirata a soli interessi sociali ed assistenziali. • Prima di iniziare il processo di “privatizzazione” erano 9 • Negli ultimi 2 anni ne sono state vendute 5 per un introito di circa 17 miliardi di lire: - N° 2 - via Emilia Pavese = introito 3 miliardi di lire - N° 6 - via Boselli = introito 3 miliardi di lire - N° 9 - via Mutti (Farnesiana) = introito 2,780 miliardi di lire - N° 7 - via Emilia Parmense = introito 2,8 miliardi di lire - N° 1 - viale Dante = introito 5,1 miliardi di lire • I dipendenti attualmente occupati sono 16: - N° 3 - piazzale Velleia = 1 dirigente + 4 operatori - N° 4 - Roncaglia = 1 dirigente - N° 5 - via Manfredi = 1 dirigente + 4 operatori (3 farmacisti + 1 commesso) - N° 8 - via Pietro Cella = 1 dirigente + 4 operatori (3 farmacisti + 1 commesso). • La procedura di vendita della Farmacia Comunale n° 8 (ultimata l’asta, sono decorsi i termini per esercitare il diritto di opzione da parte dei dipendenti comunali) dovrebbe portare nelle casse comunali oltre 6 miliardi di lire. Bisognerà trovare collocazione al personale. • Il momento di massima contestazione si è sviluppato a giugno 2001, quando - a seguito della variazione di bilancio - si è deciso di vendere la Farmacia Comunale n° 8. Il sindacato e le minoranze affermano che dai numeri emerge che la vendita è servita a far fronte ad un debito contratto dal Comune con TESA e pari ad oltre 5 miliardi di lire.
Farmacie: sindacati e dipendenti contro ulteriori privatizzazioni
CGIL, CISL e UIL piacentine si sono sempre dichiarate contrarie alla privatizzazione delle farmacie comunali. Se nella fase iniziale l’amministrazione comunale motivò la vendita delle prime tre con la necessità di razionalizzare e organizzare meglio il servizio (“le risorse incamerate dalla vendita servono per migliorare il sistema delle farmacie pubbliche”), le organizzazioni sindacali evidenziano come, al contrario, solo l’esigenza di “fare cassa” e rimpinguare le finanze di Palazzo Mercanti abbiano indotto il Comune ad operare le successive vendite. La presa di posizione unitaria dei sindacati confederali mette in evidenza come l’amministrazione abbia apportato una variazione del bilancio 2001 nell’estate scorsa per avviare la vendita della farmacia n°8 di via Cella, che appare giustificata da ragioni unicamente contabili. Sempre secondo i sindacati il ricavato dell’operazione servirebbe per ripianare un debito di oltre 5 miliardi di lire contratto dal Comune con TESA. Sono 16 le persone attualmente impiegate nelle farmacie ancora di proprietà del Comune, distribuite fra le tre non ancora messe all’asta e quella N°8, la cui vendita è in corso. Dal tono e dalle parole si avverte che il malumore manifestato dai dipendenti delle farmacie comunali si trascina da vario tempo ormai, anche se viene espresso senza alcun eccesso polemico. Le farmacie pubbliche di questa città, sottolineano i lavoratori, da parecchi anni si trovano in condizioni di cattiva gestione: “la sensazione è che nella prospettiva di privatizzare questo servizio, siano state abbandonate a se stesse”: qualcuno usa la parola “boicottaggio”. I farmacisti “superstiti” non sono preoccupati solamente delle prospettive della loro carriera professionale, ma pure del futuro dell’intero servizio pubblico. I dipendenti sottolineano la “fondamentale funzione sociale delle farmacie comunali nella nostra città”, che ora “si è provveduto a smantellare gradualmente senza che il personale fosse coinvolto nella definizione delle scelte.” Confidano nelle promesse fatte da Guidotti, impegnatosi a realizzare quella farmacia polo che costituirebbe una soluzione accettabile per una ricollocazione lavorativa che garantisca la loro professionalità. Per questo auspicano che il sindaco riesca a sconfiggere gli interessi corporativi che si oppongono al mantenimento di un forte presidio pubblico per la distribuzione dei farmaci. Sostengono che tra il servizio che è in grado di garantire una farmacia pubblica e quello offerto da una privata, ci siano importanti differenze: “è logico e legittimo che un farmacista privato pensi al suo tornaconto economico e che faccia anche un discorso di cassetto”; i prodotti sui quali è più facile speculare non sono certo le specialità farmaceutiche essenziali, per le quali la tariffa è fissata dalla legge, bensì i cosiddetti “parafarmaci”, creme e cosmetici, prodotti da banco, di automedicazione, ed anche quelli per l’infanzia. Per tutti questi articoli il servizio pubblico può svolgere ancora un ruolo essenziale di controllo e calmieramento dei prezzi. |
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