8/4/2005 ore: 12:01
Per gli amici viaggi in saldo
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7aprile 2005 TURISMO / IL CASO TRENITALIA-GANDOLFI Per gli amici viaggi in saldo La Cit valeva più di 60 miliardi di lire. Ma le Ferrovie l'hanno venduta a metà prezzo. Beneficiando parenti di politici e manager legati alla Fininvest di Marco Lillo Nella relazione, che "L'espresso" ha potuto visionare, si legge che "con la transazione il ricavo netto della vendita della Cit è stato pari a 30 miliardi di lire (15,5 milioni di euro)". Una conclusione sorprendente visto che i giornali dell'epoca titolavano: "Cit venduta a Gandolfi per 61 miliardi e 461 milioni di lire". Ma nella relazione si spiega perché il prezzo si è dimezzato: "Il prezzo della vendita, determinato con riferimento alla situazione patrimoniale al 30 settembre 1997, è stato fissato in 61,461 miliardi di lire. Tale importo, in base al contratto, doveva essere rettificato in conseguenza delle variazioni patrimoniali intervenute fra il 30 settembre 1997 e la data della vendita. La suddetta variazione (.) veniva quantificata in 21,621 miliardi di lire; pertanto il prezzo risultava pari a 39,840 miliardi di lire". Non è finita. C'è una seconda riduzione dovuta ai contenziosi. Nel 2003 la Cit, controllata da Gandolfi, ricorre a un collegio arbitrale per chiedere oltre 16 milioni di euro: circa sei milioni di euro erano dovuti da Ferrovie perché il gruppo, secondo Gandolfi, si era impegnato a farsi carico degli strascichi del fallito accordo con Tanzi. Altri dieci, sempre secondo Gandolfi, erano dovuti a sopravvenienze passive per fatti accaduti prima della vendita. Trenitalia, dopo aver valutato, "il ragionevole rischio di un costo complessivo conseguente alla prosecuzione dell'arbitrato stimabile nell'ordine dei 10 milioni di euro", ha deciso in data 23 giugno 2004 di approvare la transazione che fa precipitare il ricavo effettivo ai 30 miliardi di lire finali. Un prezzo da saldo, se si pensa che la sola filiale britannica di Cit è stata ceduta a circa venti milioni di sterline (circa 60 miliardi di lire) al gruppo First Choice, dopo l'acquisto dalle Ferrovie da parte di Gandolfi. Chi sono i soci di Cit che hanno beneficiato dello sconto? Accanto a Gandolfi, spicca il nipote di Giulio Andreotti, Luca Danese, che era sottosegretario ai Trasporti al momento della privatizzazione. Nonostante sia titolare di una quota inferiore allo 0,1 per cento in Cit, Danese è stato nominato presidente della Cit Belgio. Anche Candia Camaggi, manager Finivest e moglie del cugino di Berlusconi, Giancarlo Foscale, vanta una quota di poco inferiore allo 0,1 per cento e non è l'unico dirigente Fininvest coinvolto nell'avventura Cit. All'inizio del 2001 anche un uomo vicinissimo a Silvio Berlusconi come Carlo Bernasconi (deceduto nel luglio dello stesso anno), aveva avuto una piccola quota della controllante di Cit, Compagnia Vacanze, e aveva occupato un posto in consiglio. Mentre Ubaldo Livolsi, ex amministratore delegato Fininvest, è stato presidente di Cit fino all'anno scorso, oltre che autore del piano (fallito) di risanamento. Una quota dello 0,6 per cento è intestata invece a Tiziana Moschetti, figlia dell'ex senatore Giorgio, detto "er biondo", celebre cassiere della Democrazia cristiana romana negli anni d'oro di Vittorio Sbardella. Una quota dello 0,25 per cento di Cit, invece, è intestata a Giuseppe Vimercati, che è titolare anche di una quota del 12,5 per cento della Compagnia delle Vacanze Spa, azionista di maggioranza della Cit Spa. Vimercati era il banchiere che guidava il Mediocredito Lombardo, che ha finanziato Gandolfi nella sua avventura. |