Per Cigl, Cisl e Uil il timore di giocare soltanto in difesa
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ROMA— Pierre Carniti, storico segretario della Fim nell’«autunno caldo» e poi della Cisl, riflettendo di recente sull’accordo tra la Fiat e la Fim e la Uilm su Pomigliano una cosa diceva di averla abbastanza chiara: «La tendenza mi pare che porti a un superamento del contratto nazionale. Che poi questo sia vantaggioso per i lavoratori, ho i miei dubbi». Luigi Angeletti, leader della Uil, anche lui con un lungo passato alla guida dei metalmeccanici, giunge alla stessa conclusione, ma con un giudizio molto diverso: «La vicenda di Pomigliano segna un cambiamento di significato per il contratto nazionale, che non sarà più il risultato di un rapporto di forza tra le parti, ma una semplice cornice, per lasciare tutto lo spazio ai contratti tagliati su misura delle singole realtà produttive». Il contratto nazionale resterà «e il sindacato non potrà mai rinunciarvi», aggiunge Angeletti, solo perché «in Italia il 90% delle aziende è di piccole dimensioni, con milioni di lavoratori che hanno solo questo livello di tutela». Finirà, insomma, per svolgere il ruolo che in altri Paesi svolge il salario minimo fissato per legge. Del resto, lo spostamento del sistema verso le aziende era l’obiettivo dichiarato dai firmatari della riforma del modello contrattuale del gennaio 2009: Cisl, Uil, Ugl e Confindustria. E il ciclone Marchionne non ha fatto che accelerare questo processo. Quello che avverrà ora, infatti, è che il contratto dei metalmeccanici verrà corretto per inserire la clausola di derogabilità dello stesso, come previsto dal nuovo modello contrattuale, in modo da fornire appunto la cornice alle deroghe previste dall’intesa di Pomigliano. Tutto ciò è avvenuto, fin dall’inizio, contro Cgil e Fiom, rimaste abbarbicate a difesa del sistema precedente. Tanto è vero che la Fiom non ha mai riconosciuto il contratto dei metalmeccanici del 15 ottobre 2009, ritenendosi invece ancora vincolata a quello da lei sottoscritto nel 2008 e che scade il 31 dicembre 2011. Al punto che una delle ipotesi in circolazione è proprio quella che la Federmeccanica disdetti alla Fiom il contratto del 2009 per costringerla ad aderire ai nuovi accordi. Lo scontro è tra due visioni delle relazioni industriali. Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, come del resto Angeletti, non ha dubbi sul fatto che non si possa più restare ancorati al vecchio schema, «col sindacato conflittuale e il governo che media, compensando con finanziamenti vari le aziende» per le diseconomie derivanti dagli scioperi e dalla scarsa produttività. «Marchionne— continua Bonanni— fa un discorso diverso. Dice: io non voglio una lira dal governo e sono pronto a investire 20 miliardi. Ma in cambio vi chiedo di assicurare la massima produttività». È lo schema imposto dalla competizione globale. E Bonanni e Angeletti vogliono «giocare un ruolo», anziché «arroccarsi in una protesta sterile». Bonanni contesta perfino che il suo sia un giocare in difesa: «Io mi sento molto più forte oggi che 30 anni fa quando tutto si concentrava sul conflitto, perché condivido invece il progetto dell’azienda, per distribuire i vantaggi di produttività ai lavoratori. E mi sento rispettato dall’impresa perché riconosce che ha bisogno di un sindacato così. È un’altra logica, una rivoluzione copernicana».