Pensioni, professioni contro
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ItaliaOggi (Lavoro e Previdenza) Numero 275, pag. 41 del 20/11/2003 di Teresa Pittelli
Casse e ordini bocciano l'estensione della riforma Professionisti in agitazione sulla riforma delle pensioni. Gli stati generali delle Casse di previdenza e dei Consigli nazionali battono sul tempo i sindacati riunendosi il 4 dicembre a Roma per rivendicare ´l'autonomia degli enti privatizzati di previdenza contro l'estensione ai professionisti della riforma delle pensioni'. Questa la decisione presa ieri dall'assemblea straordinaria dell'Adepp (l'associazione delle Casse privatizzate dei professionisti), che ha deciso di mettere in campo una serie di iniziative per far sentire le sue ragioni sulla riforma. All'assemblea pubblica degli ordini e delle Casse saranno, non a caso, invitati parlamentari e ministri coinvolti a vario titolo nella vicenda. L'Adepp accusa la riforma di essere ´paradossale perché mira a innalzare l'età di pensionamento dei lavoratori dipendenti, ma di fatto la abbassa per i professionisti'. Tra le previsioni più contestate, infatti, c'è l'innalzamento a 65 anni di età per gli uomini, e 60 per le donne, dell'età minima per andare in pensione. Molte delle professioniste iscritte alle Casse, però, vanno già in pensione a 65 anni, e sarebbero quindi costrette a ritirarsi cinque anni prima. A scapito degli enti di previdenza, che ci perderebbero in gettito contributivo. Non solo. La maggior parte dei professionisti, a causa del requisito alternativo per andare in pensione imposto dalla riforma, e cioè un minimo di 40 anni di contributi, raggiungerebbe prima la pensione di vecchiaia, e poi quella di anzianità. ´Tanto vale che ci dicano di abolire le anzianità, allora', incalza il presidente dell'Adepp, Maurizio de Tilla. E il senso degli stati generali del 4 dicembre è quello di spiegare, ancora una volta, ai parlamentari e ai politici chiamati a votare la riforma, quali sono le richieste dei professionisti. In particolare, si chiede che sia cancellato quel quarto comma dell'articolo 1 ter dell'emendamento Maroni di riforma delle pensioni. O quanto meno che siano limitati i danni, prevedendo che le previsioni della riforma siano soggette a un atto di recepimento da parte degli enti che aderiscono all'Adepp. C'è poi il ´pacchetto Adepp' di modifica alla delega sulla previdenza, in attesa di essere vagliato dai senatori della commissione lavoro. In particolare, il pacchetto prevede l'attuazione della disciplina della totalizzazione, la gestione della previdenza complementare da parte delle Casse, l'eliminazione della doppia tassazione sulle pensioni dei professionisti. E se il governo dovesse tirare dritto, molte sono le iniziative messe in cantiere. Si va dalle azioni legali, per contestare la legittimità costituzionale di ´norme lesive dell'autonomia normativa degli enti', attualmente al vaglio dei legali di fiducia delle Casse, a vere e proprie campagne di stampa tese a spiegare le ragioni dei professionisti contro la riforma. Le professioni sono insomma alla ricerca di un modo per farsi ascoltare, dal momento che non sembra che il ministro del welfare, Roberto Maroni, abbia mai dato seguito alle varie richieste di incontro da parte dei vertici Adepp. Quello che però più temono i presidenti degli enti privatizzati, da Adelio Bertolazzi, presidente della Cassa dei dottori commercialisti, a Paola Muratorio, numero uno di Inarcassa, da Vincenzo Miceli (Cassa consulenti del lavoro) ad Alessandro Lombardi (Cassa veterinari), è la ´lesione dell'autonomia che abbiamo acquisito con la privatizzazione'. E non pare che, almeno per ora, siano serviti a molto i colloqui ai massimi livelli che un ´partito trasversale' di professionisti, che spazia da Montecitorio a palazzo Madama, sta intrattenendo con le alte cariche statali. Sembra infatti che persino il vicepremier, Gianfranco Fini, da sempre sensibile alle problematiche dei professionisti, abbia assicurato il suo appoggio ma non il risultato, data la possibile blindatura delle norme in questione. La riforma è infatti frutto di delicati equilibri di maggioranza, e non sarà facile far tornare sui loro passi il leghista Maroni e il collega dell'economia, Giulio Tremonti. Per dirlo, però, bisognerà aspettare il 4 dicembre. |