ROMA - Estendere a tutti il metodo di calcolo contributivo "pro rata"? E' già scontro sulla proposta del segretario della Cgil, Cofferati. Cisl e Uil insorgono: non s'ha da fare. Innalzare l'età pensionabile oltre il tetto dei 65 anni ? Molto meglio lasciare il lavoratore libero di scegliere quando andare in pensione. Alla vigilia del secondo round del tavolo tecnico fra governo, sindacati e imprese su previdenza e lavoro, il ministro del Welfare, Roberto Maroni, boccia la proposta del Ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, di dare un colpo di acceleratore alla riforma Dini e anticipa quale sarà la linea del governo sui trattamenti di anzianità: liberalizzare l'età pensionabile incentivando i lavoratori che decidono di ritardare il pensionamento e sostenere lo svilupo del secondo pilastro della previdenza integrativa. Ancora prima di sedersi per negoziare, i fronti caldi lungo i quali si svilupperà la trattativa sono già ben delineati. Lo scontro sul contributivo. Estensione nella forma 'pro rata' del contributivo a tutti i lavoratori; decollo dei fondi complementari alimentati con l'intero flusso del tfr. E' la ricetta per aggiornare il sistema pensionistico che il leader della Cgil, Sergio Cofferati, conferma nella prefazione alla riedizione del volume ''Il pilastro debole. I sistema previdenziali misti'' (Ediesse), e che ospita tra gli altri un saggio del premio Nobel per l'economica 2001 Joseph E. Stiglitz.
L'incremento della spesa dovuto agli effetti dell'andata in pensione delle generazioni del baby boom, ''può essere affrontato - secondo Cofferati - con sufficiente serenità con l'estensione pro rata anche ai lavoratori più anziani del metodo di calcolo contributivo. E' evidente - insiste il leader della Cgil - che questa misura di completamento della riforma, potrà essere adottata soltanto se si darà la possibilità a tutti i lavoratori italiani di partecipare al sistema dei Fondi pensione, per affiancare alla pensione pubblica una pensione complementare a capitalizzazione''.
Decisiva - per il leader Cgil - è dunque la questione del decollo della previdenza integrativa. ''C'è il rischio - scrive - che alla previdenza complementare accedano soltanto i lavoratori forti e vengano lasciati senza copertura quelli più deboli. Senza l'uso dell'intero flusso del tfr, infatti, per la maggioranza dei lavoratori italiani non ci sarebbe alcuna possibilità di accedere ai piani complementari''. Ma la responsabilità della mancata riforma del tfr è della Confindustria che ha posto delle pregiudiziali. Che vanno rimosse perché - conclude Cofferati - ''non vi è più alcuna ragione per non rivedere un istituto, il tfr, che costringe i lavoratori ad un risparmio forzoso mal remunerato, a favore delle imprese''.
Ma contro l'ipotesi di Cofferati, e quasi a far capire a che livello potrà arrivare la temperatura intorno al tavolo, insorgono i leader di Cisl e Uil. ''Siamo sempre stati nettamente contrari al'estensione del contributivo'', commenta il segretario confederale della Cisl, Pierpaolo Baretta, alla vigilia della ripresa, domani pomeriggio, del confronto tra Governo e parti sociali sulle pensioni. ''Ribadiamo il nostro no all'estensione del pro-rata'', gli fa eco il numero due della Uil, Adriano Musi, per il quale ''quella di Cofferati è una vecchia posizione che non ci ha mai trovato d'accordo. Una posizione - spiega Musi - che non tiene conto del fatto che per la maggior parte dei lavoratori coinvolti nel pro-rata non sarebbe sufficiente alcun tipo di previdenza complementare. Troppo elevato, infatti, sarebbe il premio da pagare per compensare la perdita subita con la riduzione della sua pensione pubblica. Questo - conclude - varrebbe soprattutto per chi si trova tra i 23 e i 25 anni di anzianità contributiva''.
Maroni sposa la flessibilità. "Liberalizzare l'età - ha spiegato Maroni tornando al tema pensioni - significa abolire tutti i vincoli e consentire al lavoratore di decidere , insieme all'azienda, se ha ancora voglia di lavorare o, se la pensione maturata in base ai contributi maturati gli sta bene, ritirarsi". Una libertà di proseguire il rapporto di lavoro che - come anticipato dallo stesso ministro in una intervista al Nuovo - resta comunque condizionata all'assenso dell'azienda che dovrebbe essere libera di decidere se puntare sulle vecchie o sulle nuove leve. Libertà di decisione che, a livello decentrato, competerebbe anche al datore di lavoro pubblico.
Su come incentivare il rinvio del pensionamento le ipotesi allo studio sono quelle di abrogare l'obbligo di contribuzione per datore di lavoro e lavoratore che decide di continuare a lavorare, alleggerendo così i costi per l'azienda, appesantendo invece la busta paga di chi rinvia il proprio pensionamento. E che sia necessario mettere in campo gli opportuni incentivi per i lavoratori che scelgano la prosecuzione del rapporto rispetto alla pensione di anzianità è un concetto che ha ribadito anche il ministro delle Attività produttive, Antonio Marzano.
Sulla stessa lunghezza d'onda è il leader della Uil, Luigi Angeletti ma non la Cgil, che preferiscei parlare di "pensione flessibile". "Il lavoratore non sceglie quasi mai se andare o meno in pensione. Lo sceglie l'azienda che ha tutta la convenienza a liberarsi di un lavoratore anziano". Una analisi, quella del segretario confederale del sindacato, Beniamino La Padula, che anticipa la proposta della Cgil: incentivare la formazione degli over 45enni, ridurre il costo dei lavoratori più anziani, introdurre una forma di pensionamento parziale, "che unisca il part-time e la pensione".
Tutta mirata allo sviluppo della previdenza integrativa è invece la proposta messa a punto dal sindacato pensionati della Cisl, che chiede "una efficace politica di defiscalizzazione dei fondi" " e una giusta riallocazione delle risorse del Tfr".
Il confronto, dunque, comincia ad entrare nel vivo dei contenuti. E almeno in tema di età pensionabile e abolizione del cumulo di pensioni e redditi da lavoro è lo stesso Maroni ad ammettere che si sono fati molti passi avanti. Ma il governo vuole stringere i tempi e per questo continua a puntare sullo strumento della delega, che dovrà comunque essere nero su bianco entro il 15 novembre, termine ultimo per la presentazione dei provvedimenti collegati alla finanziaria. "Non chiederò a tutti di essere d'accordo su tutto. Adotterò il meccanismo del massimo consenso, poi la decisione sarà autonoma", ha messo in chiaro Maroni.
La parola passa ora al sindacato. Che dovrebbe presentarsi domani al tavolo con un primo elenco di obiettivi da realizzare. Se le distanze con il governo non saranno abissali potrebbero essere i paletti sui quali edificare il nuovo sistema previdenziale. E a quel punto anche la delega non sarebbe più un tabù.
(29 OTTOBRE 2001; ORE 18:45, ultimo aggiornamento ore 20:10)
|