9/5/2007 ore: 10:37
Pensioni, lo stop di Padoa-Schioppa
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Pagina 11 - Primo Piano Pensioni, lo stop di Padoa-Schioppa ROMA «Il sistema pensionistico, a legislazione vigente, è bilanciato». A poche ore dal nuovo incontro del tavolo di concertazione, Tommaso Padoa-Schioppa manda un messaggio inequivocabile ad alleati di governo e sindacati. Mentre nel governo c’è chi immagina soluzioni come scalini e coefficienti selettivi, il ministro dell’Economia dice chiaramente che le riforme delle pensioni in vigore, la Maroni (2004) e la Dini (1995) garantiscono la tenuta dei conti pensionistici. Leggi che comprendono «scalone e revisione dei coefficienti di trasformazione». Insomma, se non si troverà una soluzione che garantisca risparmi adeguati, l’unica soluzione sarebbe tenere in piedi il sistema attuale: innalzamento dell’età pensionabile a 60 anni dal primo gennaio 2008 e taglio dei moltiplicatori sui quali si calcoleranno le pensioni dei più giovani. «L’Italia ha un debito pubblico drammaticamente alto, ma nelle statistiche non è incluso quello implicito nelle pensioni». L’uscita del ministro conferma che la trattativa è in salita. Al vertice di oggi il ministro del Lavoro Damiano ripartirà dalle questioni meno spinose: aumento dei sussidi di disoccupazione (è ormai deciso che arriveranno fino al 60% dell’ultimo stipendio), aumento delle pensioni per i più poveri. Damiano metterà sul piatto fra i 70 e i 100 euro al mese per tutti coloro che ricevono pensioni molto basse, fra i 600 e i 700 euro al mese. E’ quanto percepiscono molte categorie di lavoratori dipendenti: camerieri, commessi, operai meccanici e tessili. Su aumento dell’età e revisione dei coefficienti si rischia di slittare a dopo le amministrative di inizio giugno. La Cisl è favorevole al sistema delle «quote» che permetterebbe un innalzamento dell’età anche oltre i 62 anni nel lungo periodo. Una soluzione alla tedesca, che potrebbe andar bene alla Cgil e a Confindustria (ieri Montezemolo ha ricordato che l’innalzamento dell’età pensionabile è «un trend che avviene in tutta Europa»), ma che fa rizzare i capelli ai vertici di Rifondazione. Il governo però non si può permettere soluzioni che mettano in discussione il risanamento dei conti: ieri Prodi ha rivendicato di averlo fatto «in dodici mesi». Le entrate fiscali vanno bene (le previsioni per fine giugno parlano di 12 miliardi di maggior gettito), ma Padoa-Schioppa ha promesso a Bruxelles di destinarne parte a un ulteriore abbassamento del deficit. La dote del cosiddetto tesoretto potrebbe arrivare a 5 miliardi, che dovranno bastare per pensioni, ammortizzatori sociali e contratto degli statali. Sempre oggi i tre segretari confederali si presenteranno di fronte al ministro Nicolais per sbloccare la trattativa sugli integrativi. Infine c’è da trovare più risorse per il taglio del cuneo fiscale. «La riduzione vale circa sette miliardi di euro», ha detto ieri il premier. Prodi fa capire di aver già messo in conto un allargamento della platea dei beneficiari per effetto del ricorso di banche e assicurazioni all’Ue. Finora i calcoli del governo prevedevano un costo di circa 6 miliardi, il premier ne calcola uno in più. I tecnici di Palazzo Chigi stanno trattando con Bruxelles per evitare un allargamento alle imprese che gestiscono servizi tariffari. Il ministro dello Sviluppo Bersani si dice contrario all’estensione anche a banche e assicurazioni, ma «in ragione di quello che riterrà l’Unione adotteremo le misure necessarie». Tornando a Prodi, il premier ha affrontato anche il caso Telecom: «Che l’Italia sia chiusa ai capitali stranieri è un discorso indecente. La polemica vorrei averla tradotta in altri paesi o per investimenti analoghi negli Stati Uniti dove il governo mette pesantemente la zampa sugli investimenti stranieri». L’Italia è un paese «apertissimo». E con la Spagna «non c’è stato nessun accordo». |