Pensioni, la maggioranza tratta sulla gradualità della riforma

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03 Ottobre 2003
QUESTA MATTINA NUOVO VERTICE PRIMA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Pensioni, la maggioranza tratta sulla gradualità della riforma Spetterà ai leader della Casa delle libertà decidere sull’innalzamento dell’anzianità a 40 anni già dal 2008 oppure su misure più morbide
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Roberto Ippolito
ROMA Diviso al traguardo. Nel governo non c’è l’accordo finale per la riforma delle pensioni. Anche se il consiglio dei ministri è convocato per le 9.30 di oggi proprio per decidere. Ieri quattro ore di discussione nel vertice della maggioranza svoltosi per superare le divergenze non sono servite a nulla. Così è stato deciso di far precedere, alle 9, la riunione del consiglio dei ministri da un altro vertice, questa volta con la partecipazione dei leader della compagine di centrodestra. Il vertice-bis appianerà i contrasti? La seduta del consiglio dei ministri si terrà all’ora prevista? Il progetto di riforma, che almeno per ora divide il governo e contro il quale la Cgil, la Cisl e la Uil hanno proclamato uno sciopero generale, sarà varato senza problemi? Per il presidente del consiglio Silvio Berlusconi e il ministro dell’economia Giulio Tremonti sarebbe importante poter presentare le misure per la previdenza lunedì prossimo al consiglio dei ministri europei dell’economia. Ma è in discussione proprio il punto fondamentale della riforma delineata: l’innalzamento dal 2008 da 35 a 40 anni dei contributi necessari per ottenere la pensione d’anzianità, come annunciato da Berlusconi nel messaggio televisivo a reti unificate. Il passaggio di colpo da 35 a 40 anni, pur essendo allontanato nel tempo, è diventato fonte di accese dispute. Così è stata ipotizzata un’applicazione graduale: questa però rischia di svuotare la riforma, di ritardarne l’applicazione e di ridurre l’atteso beneficio per le casse dello stato. Il Sin.Pa, il Sindacato Padano vicino alla Lega, e il sindacato autonomo Confsal hanno rivendicato di essere stati loro a chiedere al governo il passaggio graduale al nuovo livello di contributi indispensabile. La Lega, per mesi dichiaratasi contraria a interventi sulle pensioni di anzianità, è il partito del ministro del lavoro Roberto Maroni. Mercoledì sera i ministeri dell’economia e del lavoro hanno definito «irrealizzabile» la «scalettatura graduale dell’età pensionabile». Cosa succederà oggi? La tensione politica è forte. Il vertice dovrà cancellare i contrasti e trovare le soluzioni tecniche. Sulla gradualità o meno «c’è una serie di problemi» ammette il ministro delle politiche agricole Gianni Alemanno che ha partecipato al vertice di ieri con il vicepresidente del consiglio Gianfranco Fini, Tremonti e Maroni. Ma nella riunione di ieri c’è stata la massima attenzione per evitare di smentire o contraddire (almeno formalmente) l’annuncio di Berlusconi. Questa, spiega il viceministro dell’economia Mario Baldassarri, si è conclusa con l’orientamento di recepire «la proposta del premier che prevede l’innalzamento a 40 anni secco dal 2008 ma siamo assolutamente pronti a qualsiasi accordo che a parità di effetti finanziari preveda soluzioni graduali». Pertanto la proposta alternativa deve quadrare il cerchio: può diluire l’applicazione, ma come dice Baldassarri «deve avere lo stesso impatto sulla spesa pensionistica». Il sottosegretario alle politiche agricole Teresio Delfino, presente al vertice di ieri per l’Udc in rappresentanza del ministro delle politiche comunitarie Rocco Buttiglione, fa sapere che l’ipotesi alternativa consiste nell’innalzamento di un anno dei contributi necessari per la pensione d’anzianità ogni due solari per arrivare a 40 anni nel 2016. O ancora: 38 anni nel 2008 e poi 42 anni. Oltre la questione dell’innalzamento fa discutere nel governo la mancata estensione ai lavoratori del settore pubblico del super incentivo del 32,7% (grazie al taglio dei contributi) per chi resta al lavoro dopo aver maturato i requisiti per la pensione di anzianità. Nella riunione di ieri sono state abbozzate delle soluzioni per attribuire il bonus ai dipendenti pubblici. Un ministro che non ha partecipato al vertice di ieri, il responsabile della funzione pubblica Luigi Mazzella, ha messo le mani avanti: «La partita non è chiusa». Per Mazzella «non c’è nulla di irreparabile». Ma le modalità dell’’estensione degli incentivi non sono chiarite. In via di principio sarebbe deciso il pari trattamento pubblico-privato. In una prima fase, dal 2004 al 2005, gli incentivi sarebbero assegnati in via sperimentale solo ai lavoratori privati. Poi, afferma Baldassarri, «nel 2005 si farà una verifica per vedere come gli incentivi hanno funzionato e solo allora si valuterà l’estensione anche ai dipendenti pubblici». Non è precisato però se questa potrà avvenire (e come) senza il ricorso a una nuova legge. L'estensione degli incentivi in busta paga per i lavoratori pubblici «è una questione che valuteremo con attenzione» dice il sottosegretario all'Economia, Giuseppe Vegas. Con la riunione di ieri è confermata invece l’idea di prevedere una verifica sulla spesa pensionistica nel 2007. Mentre il governo cerca di trovare l’accordo al suo interno, Cgil, Cisl e Uil sono compatte nel dire no alla riforma in cantiere.
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