Pensioni, i nodi della riforma incompiuta

Giovedí 24 Aprile 2003
COMMENTI E INCHIESTE Il futuro della previdenza
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Pensioni, i nodi della riforma incompiuta Lunedì i tre sindacati si riuniscono per affrontare le priorità da presentare all'incontro con il ministro Maroni
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ROMA - L'incontro è fissato per lunedì prossimo. Sarà l'occasione per i tre segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil per prepararsi al nuovo appuntamento con il ministro del Welfare, Roberto Maroni, e fissare le priorità. I punti contestati dal sindacato, unitariamente, restano gli stessi: no alla decontribuzione; no al trasferimento obbligatorio del Tfr e alla parità tra fondi integrativi aperti e chiusi. Quello che dovranno discutere è quali sono i rispettivi margini per una trattativa e a quali condizioni si può pensare a uno sciopero generale. Ognuna delle tre confederazioni rivendica le priorità annunciate ma è anche vero che ciascuna, sui singoli punti, ha degli spazi per arrivare a un'intesa con il Governo. Resta difficile, però, che sulla pensioni si possa andare in ordine sparso. In questo campo, stare insieme è una scelta quasi obbligata visto che la maggioranza degli iscritti al sindacato, soprattutto in Cisl e Uil, sono pensionati. Il 5 maggio il ministro Maroni dovrebbe confermare l'appuntamento per un nuovo round di trattativa ma non è escluso che tutto slitti dopo il voto amministrativo. La scadenza elettorale non suggerisce faccia a faccia che possono trasformarsi in scontri, a meno che non siano state già studiate dalle diplomazie ministeriali e sindacali delle soluzioni. Nell'ultimo (e unico) incontro, quello del 17 scorso, Maroni sembra aver già chiuso la porta ad almeno due delle condizioni poste dal sindacato. «Con l'obbligatorietà del trasferimento del Tfr - ha detto - abbiamo la certezza di finanziare lo sviluppo della previdenza integrativa per circa 12 miliardi all'anno». Una certezza che, evidentemente, non c'è con il meccanismo del silenzio-assenso chiesto da Cgil, Cisl e Uil. E anche sul «no» alla decontribuzione in sostituzione della quale i sindacati propongono la fiscalizzazione degli oneri impropri (per abbassare il costo del lavoro), il ministro della Lega ha chiarito che potrebbe essere una soluzione «alternativa» non sostitutiva. Intanto la delega previdenziale si muove in Senato a piccoli passi. Un ritmo lento, che è quello di sempre. Il disegno di legge fu infatti varato dal Governo alla fine del 2001 e, attualmente, è in seconda lettura in commissione Lavoro di Palazzo Madama. Sono cominciate le audizioni, prima fra tutte quelle con i sindacati. In questo caso, a differenza della delega sul mercato del lavoro, avrà vita più facile l'opposizione di Centro-sinistra. Sulle pensioni, infatti, il sindacato è unito, non ci sono (e non si vedono) lacerazioni: una condizione che aiuta Ds e Margherita preoccupate di non perdere contatti con la Cgil ma anche intenzionate a non "lasciare" Cisl e Uil alla maggioranza. Se, dunque, i sindacati resteranno fermi sui loro no, sciopero o non sciopero, potranno contare su una battaglia parlamentare dura dell'opposizione. E magari anche su qualche tentativo di mediazione, dall'Udc o da An, come è già accaduto per la riforma del mercato del lavoro. In tutto questo scenario resta un'incognita. Cioè, la «Maastricht del Welfare» promessa dal premier. Silvio Berlusconi lo ha ripetuto anche lo scorso giovedì al vertice di Atene: «Nei prossimi mesi cercheremo una soluzione al problema dell'invecchiamento della popolazione, un problema che riguarda tutti gli Stati europei». Insomma, durante il prossimo semestre di presidenza italiana, la riforma delle pensioni dovrebbe diventare una priorità. Il presidente del Consiglio cerca, dunque, una copertura politica dall'Europa per affrontare un tema che già nel '94 gli costò la pesante protesta di Cgil, Cisl e Uil. Un problema di certo condiviso con la Germania e la Francia. Proprio in questi giorni il Governo Raffarin sta premendo l'acceleratore su un'ambiziosa riforma delle pensioni. I punti centrali del provvedimento che è stato già illustrato ai sindacati e dovrebbe essere presentato in Parlamento entro l'estate sono tre: innalzamento dell'età pensionabile per i dipendenti pubblici (parificandoli ai privati, cioè da 37 anni e mezzo di servizio a due anni e mezzo di più), incentivare chi vuole restare più a lungo al lavoro (fino a 60 anni), aprire alla previdenza integrativa privata attraverso incentivi fiscali. Dal 2008, si cambia ancora: il diritto alla pensione dopo 40 anni di contributi varrà fino a quella data, poi (ogni 5 anni) sarà rivisto in base alle aspettative medie di vita. I sindacati francesi hanno già promesso mobilitazioni e una raffica di scioperi. Un'alleanza politica europea per una riforma delle pensioni è quella che cerca il Governo italiano. Scontato il «no» dei sindacati ma, come ricordava Alessandro Penati al convegno di Confindustria di Torino, il tema rischia di essere sempre più un tabù politico. «Oggi - diceva l'economista - la maggior parte degli elettori ha un'età media di 45 anni, più passa il tempo più l'età aumenta, più le pensioni diventano un tema-chiave per il voto». LINA PALMERINI
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Giovedí 24 Aprile 2003 |
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