Parte in salita il rush finale sulla riforma pensioni
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08 Gennaio 2004
CGIL, CISL E UIL: SE IL GOVERNO INSISTE PRONTI A NUOVE MOBILITAZIONI Parte in salita il rush finale sulla riforma pensioni I sindacati chiedono nuove cifre. Maroni: inopportuno riaprire la trattativa
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Roberto Giovannini
ROMA A sentire i diretti interessati, il cosiddetto «confronto» sulla riforma delle pensioni tra governo e sindacati sembra destinato a franare fragorosamente nel giro di poche ore. Ieri, al termine dell’incontro al ministero del Welfare, il ministro Roberto Maroni ha ribadito chiaro e tondo che il governo intende andare avanti anche senza un accordo con Cgil-Cisl-Uil, che sembra al momento impossibile. Anche perché i conti sulla spesa previdenziale (che dovevano essere oggetto di discussione ieri in sede tecnica, e che dovrebbero essere esaminati oggi in un nuovo appuntamento) per l’Esecutivo sono già contenuti nella scheda che accompagna l’emendamento sulla riforma all’esame del Senato. Insomma, per Maroni «riaprire una trattativa appare inopportuno». Scontata la replica a muso duro delle tre confederazioni, che avvertono che se la posizione del ministro del Welfare sarà la posizione del governo - che pure con il vicepremier Fini aveva sollecitato una ripresa del negoziato - ci sarà una rottura, alla quale il sindacato farà seguire un nuovo calendario di mobilitazioni e scioperi. Le parole di Maroni lasciano poco spazio alle speranze di decollo di una trattativa che per adesso è parsa soprattutto un non-dialogo. «Abbiamo messo a disposizione i conti elaborati dal governo nella scheda tecnica presentata con l'emendamento - ha spiegato Maroni - i sindacati ci hanno chiesto un'altra analisi che dovrebbe presentare domani la Ragioneria. L'analisi dei conti il governo l'ha fatta e presentata in Parlamento. Siccome i sindacati non la condividono, hanno chiesto un'altra elaborazione per giustificare la loro opposizione». Per il ministro, margini di negoziato non ci sono, tantomeno seguendo l’impostazione dei sindacati, che vorrebbero una separazione più puntuale tra spesa previdenziale e spesa assistenziale, visto che «già circa il 30% dei costi previdenziali è a carico della fiscalità generale». Quindi, «il tempo è ampiamente sufficiente per chiudere il confronto» negli appuntamenti già programmati per oggi e domani, e «le somme si tirano il 10. Non si fanno per riaprire i calcoli, e non vedo motivi per proseguire oltre il confronto». La replica dei sindacati non si è fatta attendere: se non si aprirà una trattativa vera - affermano - ripartirà la mobilitazione. «Se il governo andrà avanti - ha detto la segretaria confederale della Cgil Morena Piccinini - sarà necessaria una verifica unitaria per valutare e decidere le nuove iniziative da mettere in campo». Mentre il segretario generale aggiunto della Uil, Adriano Musi ha avvertito: «Se dopo il 10 finisce la tregua, allora inevitabilmente riprenderà la nostra mobilitazione». E per il segretario confederale della Cisl Pierpaolo Baretta serve un negoziato vero. Maroni «sbaglia - ha affermato il dirigente sindacale - se il governo decidesse di chiudere anticipatamente il confronto si assumerebbe tutte le sue responsabilità». Dunque, posizioni distantissime. Anche se si riuscirà ad evitare una rottura già oggi, l’unica possibilità per una ripresa del confronto è un passaggio alla sede politica. A quanto pare, però, Silvio Berlusconi non ha nessuna intenzione di impegnarsi nella partita della riforma, accontentandosi di aver dimostrato con questa serie di incontri con i sindacati (incontri in cui però non c’è mai stata nessuna concreta apertura da parte del governo) che l’Esecutivo non si sottraeva al confronto con Cgil-Cisl-Uil. Diversa potrebbe essere la posizione di Gianfranco Fini: in casa An si spera ancora di poter evitare una rottura con i sindacati, magari concordando l’avvio immediato di alcuni interventi «marginali» sul sistema previdenziale (gli incentivi per chi rinuncia alla pensione e la nuova disciplina dei fondi pensione e del Tfr) e rinviando alla verifica del 2005 misure più concrete sulla spesa previdenziale. Dopo il collasso del patto europeo di stabilità, l’attenzione spasmodica nei confronti delle pensioni sembra declinare, e sul fronte sociale la vera emergenza che si profila è soprattutto quella del salario e della contrattazione, con prevedibili forti tensioni. Per adesso, le possibilità per questo accordo «di rinvio» (che verrebbe accettato anche dalla Cgil) sembrano minime. Ma il fronte «dialogante» della maggioranza potrebbe riprendere in mano la partita al Senato, dove dal 13 dovrebbero essere definiti i tempi dell’esame parlamentare della delega.
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