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01.08.2002 Ora tocca alla Digos: nel mirino sempre la Cgil di Massimo Solani
Da nord a sud, dai carabinieri agli agenti della Digos. Cambiano gli scenari ma il canovaccio è lo stesso: le forze dell’ordine si informano, in maniera quanto meno sospetta, sulle adesioni dei lavoratori alla Cgil. Dopo Tolentino e Bergamo, tocca ora a Benevento. Dopo il centritalia ed il nord è la volta del sud, a dimostrazione che i «fatti isolati» denunciati dai sindacati confederali si ripetono su tutto il territorio nazionale con una regolarità decisamente sospetta, specie se i diretti interessati (le forze dell’ordine) continuano ad attribuirli ad errori dei singoli e non dettati da un piano nazionale. Benevento, Campania, pomeriggio del 29 luglio scorso. Dal fax della Camera del lavoro del capoluogo sannita esce un comunicato su carta intestata Questura di Benevento, Divisione investigazioni generali operazioni speciali indirizzato alla Cgil. «Al fine di aderire ad analoga richiesta della locale prefettura - si legge in quelle poche righe, datate 27 luglio, giorno successivo allo sciopero generale del pubblico impiego nei servizi - si prega di far conoscere, stesso mezzo, il grado di rappresentanza in ambito provinciale. Si resta in attesa di un cortese ed urgente riscontro».
Grado di rappresentanza. Cosa significa? Cosa intende sapere la Digos dalla Cgil, e per quali motivi? Interrogativi che circolano ferneticamente fra i rappresentanti sindacali riuniti attorno ad un tavolo subito dopo l’arrivo del fax. Interrogativi che non permettono di esaudire la richiesta senza un doveroso chiarimento. «Siamo spiacenti di non poter aderire alla vostra richiesta in quanto non ci sono state fornite né le motivazioni né lo scopo della stessa - ha scritto ieri in una lettera indirizzata alla Digos, al questore e al prefetto, la Cgil beneventana - precisando tuttavia, che se la prefettura vuole conoscere tali dati può farne richiesta direttamente all’ufficio provinciale del Lavoro di Benevento al quale sono stati a suo tempo da noi forniti». Passano poche ore e negli uffici della Camera del lavoro si presentano due agenti delle Digos col capo cosparso di cenere, a dire che alla base della vicenda c’era stato solo un errore, una cattiva interpretazione dovuta ad un errore di trasmissione del fax dalla prefettura. Nessun dato, grazie, abbiamo sbagliato. Una marcia indietro che sembra più un correre ai ripari dopo il clamore della vicenda di Tolentino, che una reale ammissione di colpa dovuta ad un errore serio e provato. Scuse che non hanno convinto i vertici campani della Cgil, che in linea con i commenti espressi dai sindacati nei giorni scorsi, ha posto l’accento su un ripetersi di aventi simili stranamente concatenabili fra loro. «Si tratta - ha commentato il segretario generale della Cgil Campania Antonio Crispi - di un atto che non trova alcuna giustificazione di carattere legale. Il ripetersi di iniziative come questa dimostra come sia chiaro che ci si trovi di fronte ad un preciso disegno, ispirato dal governo, teso ad intimidire e a creare tensione attorno alle mobilitazioni promosse dal sindacato e dalla Cgil in particolare». Parole dure cui in serata ha risposto il prefetto di Benevento Ciro Lomastro. «La prefettura di Benevento - ha dichiarato - ha richiesto alla locale questura elementi relativi al grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali, onde aderire ad analoga richiesta pervenuta dalla locale direzione provinciale del lavoro in conformità da quanto previsto dall’art. 35 dpr 639/1970 relativo alla ricostituzione di organismi collegiali. Pertanto - ha concluso il prefetto - come confermato dalla locale questura, questa è la richiesta girata da quell'ufficio alle organizzazioni sindacali provinciali. Ogni altra considerazione o interpretazione deve ritenersi fuori luogo». Fuori luogo o no, le considerazioni non possono non partire da un punto assolutamente chiaro. Dopo quanto denunciato nei giorni scorsi a Tolentino e Bergamo, il caso di Benevento non è l’unico episodio strano avvenuto in Campania nelle ultime settimane. Il 29 giugno scorso, oltre una settimana dopo lo sciopero regionale di quattro ore promosso dalla Cgil in Campania, l’ispettorato provinciale del Lavoro di Avellino ha inviato alla sede provinciale della Cgil una lettera in cui venivano richiesti «i dati di partecipazione agli scioperi del giorno 20 giugno», il tutto «in ottemperanza alle disposizioni del ministero del Lavoro». Ne nacque una polemica che finì anche sui quotidiani locali e di fronte alla quale i vertici dell’Ispettorato confidarono di sentirsi in pericolo di rimozione. Insomma, il ministro del Welfare Roberto Maroni ha detto di non fidarsi dei dati sugli scioperi che la Cgil ha sempre fornito al ministero, e per questo motivo ha deciso (come confermato anche dal sottosegretario Sacconi in parlamento) di avviare dei propri monitoraggi con intenti puramente statistici. Ma cosa c’entrano allora la polizia e i carabinieri? Possibile che iniziative come quella di Tolentino e Benevento siano assolutamente indipendenti da questa iniziativa? E se si, perché le forze dell’ordine si occupano dei sindacati? Per ora nessuna risposta al di fuori di un laconico commento dal ministero del Lavoro: «noi non abbiamo allertato carabinieri e forze dell’ordine per portare a termine il nostro monitoraggio». E allora chi li manda? E soprattutto, per quale scopo?
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