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2 marzo 2006 - Anno XLIV N.9
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SCHIAVISTI DEL 2000 - IN ITALIA ? TORNATO IL MERCATO DELLE BRACCIA Non sono uomini, sono caporali
Arruolano manovali all'alba per le strade, li portano in campi e cantieri senza tutele, pagandoli 2 euro l'ora. Dal Nord al Sud, cos? prosperano i nuovi aguzzini.
di Bianca Stancanelli
Gigo il bulgaro lo conoscevano tutti a Cotronei. Da quel paesotto di collina, sulle pendici della Sila, la sua fama si era estesa anche oltre la provincia di Crotone. Servivano braccianti, badanti, pastori, operai? Gigo li ordinava in Bulgaria, li faceva arrivare sulla piazza e li forniva al committente. In nero, naturalmente. Al telefono si vantava: ?Sono il numero uno in Calabria?. Peccato che lo ascoltasse anche la polizia. Cos? Geomil Georgiev Gencev, classe 1971, detto Gigo, ? finito in galera. La squadra mobile di Catanzaro, che lo ha arrestato, ha calcolato che ai suoi ordini si muoveva una flotta di 25 furgoncini che scaricavano nel Crotonese, ogni fine settimana, decine di immigrati. Un mercante di braccia. Un caporale, epigono di un mestiere antico che, nell'Italia del Terzo millennio, non solo non scompare, ma si trasforma, si rinnova . ?? un fenomeno in crescita? avverte Oberdan Ciucci, responsabile nazionale delle politiche migratorie per la Cisl. ?In agricoltura, nel lavoro stagionale del turismo, nell'edilizia, il caporalato, italiano ed etnico, cresce robusto. Anche perch? pu? sfruttare l'enorme serbatoio dell'immigrazione clandestina?. Dagli ?smorzi? della capitale, i magazzini di materiale edilizio dove all'alba si raccolgono romeni, moldavi, ucraini in cerca di un ingaggio nei cantieri edili, alla statale fra Eboli e Battipaglia su cui si assiepano i nordafricani a caccia di una giornata di lavoro nelle serre campane, i caporali contrattano, scelgono, reclutano. E talvolta impongono alle loro vittime condizioni di autentica schiavit?. Cifre? Impossibile averne. Nel 2005 i soli carabinieri del Comando ispettivo inserito nei ranghi del ministero del Welfare hanno denunciato per ?somministrazione illecita di manodopera? 262 italiani e 16 extracomunitari.
Una goccia nel mare. Osserva Gino Rotella, segretario nazionale del Flai, sindacato lavoratori agricoli della Cgil: ?Si dice caporalato e si pensa al latifondo, alle campagne del Sud. Errore, anche al Nord allignano i nuovi caporali. Non arrivano con la coppola in testa: conoscono le lingue, si presentano come societ? di servizio o cooperative, forniscono alle aziende servizi specializzati?. ? il caso di tre cooperative, fondate da egiziani, che a Treviglio, provincia di Bergamo, procuravano a fabbriche medie e piccole operai extracomunitari da impiegare per far fronte ai picchi di produzione.
?Prezzi modici?, garantivano i tre egiziani nei volantini spediti via fax alle aziende. Verissimo: per far lavorare uno dei 700 immigrati reclutati dalle tre coop bastava pagare anche solo 2 euro l'ora, contro gli 8 dovuti a un operaio in regola. Il meccanismo, scoperto dalla Guardia di finanza, era semplice: le coop firmavano con le aziende contratti per appalti di servizi, fingevano di fornire manodopera come imprese di pulizie. Ma una volta entrati in fabbrica gli extracomunitari lavoravano alla catena di montaggio.
?Sono i caporali del Duemila: appaltano braccia, aggirando la legge Biagi? commenta il colonnello Gianluigi Miglioli, comandante delle Fiamme gialle a Udine. ?Fondano societ? fantasma, le intestano a prestanome, perfino a prostitute bosniache, poi cambiano nome, sede. Spostano i lavoratori dove serve: da una fabbrica all'altra, da un'attivit? all'altra?. Proprio a Udine, tra il 2003 e il 2004, nove friulani sono stati denunciati: avevano regolarizzato, facendosi pagare il doppio del dovuto, 200 clandestini e li collocavano qua e l? nelle aziende del Triveneto, offrendoli agli imprenditori a un terzo del costo normale di un operaio. Non pagavano n? contributi n? assicurazioni.
?Il caporalato ? l'espressione odiosa di un mercato del lavoro opaco? osserva Maurizio Sacconi, sottosegretario al Welfare. ?Il primo atto di riforma di questo governo ? stato accendere la luce su quel mercato, cominciando a renderlo trasparente. I risultati non mancano. L'Istat ha segnalato che, tra il 2001 e il 2004, l'incidenza del lavoro sommerso sul totale ? scesa al 13 per cento?. C'? chi contesta quelle cifre. Ha annotato sul Corriere della sera il direttore Paolo Mieli, luned? 20 febbraio: ?Secondo i rilievi del rapporto Schneider, assai pi? inquietanti di quelli Istat, l'incidenza dell'economia sommersa in percentuale del pil ammonterebbe qui da noi al 27 per cento rispetto al 16,3 della Germania, al 15 della Francia, all'8,7 degli Stati Uniti?.
In quel sommerso fiorisce il mercato delle braccia. Per nove mesi, da maggio a dicembre 2004, un'?quipe di Medici senza frontiere ha attraversato con un pulmino-ambulanza le cinque regioni del Mezzogiorno, dalla Campania alla Sicilia. ?Seguivamo, per cos? dire, la transumanza degli immigrati, al lavoro nei campi? racconta Andrea Accardi, capo missione di Msf in Italia. Il risultato: 770 lavoratori intervistati, il 95,8 per cento in nero, la maggioranza costretti a vivere in condizioni disumane. Un'inchiesta ricostruita in un libro, I frutti dell'ipocrisia, editrice Sinnos.
C'? anche la testimonianza di A., 33 anni, profugo dalla Sierra Leone, che vive con 102 africani in una palazzina diroccata nella campagna campana: ?Ogni mattina mi alzo alle 4 e vado all'incrocio aspettando che qualcuno mi offra un lavoro per la giornata. Quando passa una macchina grido: lavoro, lavoro!?. Commenta Accardi: ?Non si nascondono n? i caporali n? i lavoratori. E tutti sanno tutto: le istituzioni locali, i datori di lavoro, i sindacati?.
Al patron, come spesso lo chiamano, i braccianti pagano il trasporto: almeno 5 euro al giorno, nel 48 per cento dei casi, secondo l'inchiesta di Medici senza frontiere, sottratte ai 25 euro che rappresentano la paga media di una giornata di lavoro. Oppure versano una percentuale del guadagno: ?Da 50 centesimi a 1,50 euro per cassone raccolto? ha documentato nel 2005 un'inchiesta della Flai Cgil della Basilicata; e un cassone, nella campagna di raccolta del pomodoro, significa 350 chili di prodotto, pagato 5 euro in tutto.
Ci sono casi in cui i caporali diventano aguzzini. Un dramma che Domenico Centrone, imprenditore agricolo e console onorario della Polonia in Puglia, conosce molto bene. Nell'agosto scorso and? lui a liberare 94 polacchi segregati in un campo di Orta Nova, nel Foggiano. Dormivano per terra, in un accampamento di tende, senz'acqua, senza servizi igienici. Venivano svegliati all'alba, caricati sui pulmini, portati al lavoro nei campi, senza mangiare, riportati indietro al tramonto. Dovevano versare ai caporali quel che guadagnavano.
Spiega il console: ?Nelle campagne del Foggiano, per la raccolta del pomodoro arrivano 20 mila stranieri. Uno su tre ? polacco. Li attirano con avvisi sui giornali, a Danzica come a Torun: promettono buone paghe, 5 euro l'ora. All'arrivo li accolgono caporali senza scrupoli: li stipano in casolari abbandonati, li portano al lavoro in luoghi che non conoscono, oltre 10 ore per 25 euro al giorno. Che non vengono mai pagati perch? i caporali trattengono 5 euro per il trasporto, altrettanti per il posto letto e cos? via?.
Qualcuno riesce a fuggire. Nel gelo di gennaio, Centrone ? stato chiamato dai carabinieri di San Carlo, un borgo di collina. Lo aspettavano otto polacchi infreddoliti, fuggiti da un casolare abbandonato dopo giorni e giorni passati a raccogliere verze, spinaci e cavoli. Qualcuno sparisce. Sulla scrivania del console, c'? una lettera dell'ambasciata di Polonia: una richiesta di notizie su 12 persone, scomparse tra il febbraio e l'agosto 2005. L'ultimo contatto con le famiglie l'avevano avuto dalla Puglia.
Sostiene Centrone: ?In Polonia sono gi? finiti in carcere in 25 per questi traffici. Molti di loro sono stati processati e condannati. Qui tutti sanno e tacciono. Compresi i sindaci del Foggiano, che pure sono di sinistra?. Il gran mercato delle braccia funziona in pieno giorno e in piena luce. E non solo in agricoltura. Racconta Sandro Grugnetti, segretario degli edili Cgil nel Lazio: ?Una mattina allo smorzo di Tor di Quinto, a Roma, li ho filmati: c'era un gruppo di moldavi, sul marciapiede di sinistra, e un gruppo di romeni, a destra. Tra loro non si mischiano. Si ? fermata una macchina, si sono avvicinati in tre, hanno contrattato, uno ? salito?.
Lavorano duro, non chiedono garanzie. Se cadono da un'impalcatura, basta portarli sul bordo della strada e fingere un incidente. ?Romeni, ucraini, gli ultimi arrivati in edilizia, non parlano, non aprono vertenze? riassume Alina Stocka, polacca, in Italia dal 1992, collaboratrice del patronato Senas: ?Dormono in baracche, tra i rifiuti, o in autobus abbandonati. La mattina vanno allo smorzo. Quando trovano un caporale che li carichi, non sanno per chi lavorano n? dove. Se lo denunciassero, pagherebbero con l'espulsione. E stanno muti?.
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