Nel licenziamento disciplinare cade il vincolo dei cinque giorni

Martedí 20 Maggio 2003
NORME E TRIBUTI Lavoro
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Nel licenziamento disciplinare cade il vincolo dei cinque giorni
 Lavoro - Per la Cassazione niente attesa se il dipendente ha presentato le difese
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ROMA - Meno vincoli procedurali per le imprese che intendono eseguire un licenziamento disciplinare. Una volta che il lavoratore ha presentato le sue difese non c'è più bisogno di attendere la scadenza dei cinque giorni dalla contestazione degli addebiti per mettere in atto la sanzione espulsiva. Il termine previsto dall'articolo 7 della legge 300 del 1970, infatti, è funzionale soltanto a esigenze di tutela dell'incolpato, mentre è escluso, in assenza di una disposizione esplicita in tal senso, che la previsione di questo lasso di tempo sia ispirata anche dall'intento di consentire al datore di lavoro un'effettiva ponderazione del provvedimento da adottare e un possibile ripensamento. Sono questi i principi indicati dalle sezioni unite civili della Cassazione con la sentenza 6900/2003, che ha così composto il contrasto esistente tra i vari collegi della sezione Lavoro della stessa Suprema corte. Il nodo da sciogliere riguardava l'interpretazione del comma 5 dell'articolo 7 della legge 300/70, secondo il quale «in ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa». In proposito si sono registrati, da sempre, orientamenti contrastanti nella giurisprudenza di legittimità sulla possibilità di applicare la sanzione anche prima del termine. Un primo indirizzo ritiene che, con la presentazione delle giustificazioni da parte del lavoratore, lo scopo della norma sia pienamente realizzato, mentre altre pronunce hanno considerato il termine come dilatorio, previsto, cioè, «per assicurare uno spazio temporale tra contestazione e irrogazione della sanzione, che indipendentemente dal comportamento del lavoratore permetta di adottare, nell'interesse dello stesso inquisito, una meditata sanzione». Il contrasto è stato composto una prima volta dalle sezioni unite nel 1994, con la sentenza 3965 che ha ritenuto il termine funzionale alle sole esigenze del lavoratore, in quanto teso a impedire una sua estromissione dall'azienda senza che gli fosse concessa la possibilità di raccogliere le prove e gli argomenti a propria difesa. Questa soluzione interpretativa, seguita nell'immediato da una serie di pronunce, ha avuto, però vita breve. Nel corso degli anni, infatti, altre sentenze della Cassazione hanno stabilito che se il legislatore ha previsto solo per i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero la necessità del decorso del termine di cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto, è evidente che esso opera a favore del lavoratore, «non solo per dare a costui il tempo di raccogliere le prove, ma anche per assicurare uno spazio temporale fra contestazione e irrogazione della sanzione» che permetta di adottare una sanzione equilibrata. Le sezioni unite sono quindi dovute intervenire una seconda volta per ribadire e precisare meglio che il provvedimento disciplinare può essere irrogato anche prima della scadenza dei cinque giorni dalla contestazione dell'addebito. L'importante è che il dipendente abbia esercitato il proprio diritto di difesa «senza manifestare alcuna esplicita riserva di ulteriori produzioni documentali o motivazioni difensive». D'altronde, conclude la Corte, la confutazione della tesi opposta - che considera necessaria una pausa di riflessione per evitare l'irrogazione affrettata di sanzioni disciplinari - risiede anche nel fatto che se il dipendente presenta le difese nell'ultimo giorno possibile, allo spirare del termine di legge è comunque possibile procedere al licenziamento. REMO BRESCIANI
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