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Nel 2002 l'inflazione si conferma al 2,5%
 A dicembre l'indice dei prezzi è cresciuto del 2,8% ELIO PAGNOTTA
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ROMA - A dispetto di una variazione mensile che è la più contenuta dell'intero anno insieme a quella di giugno, l'inflazione ha chiuso il 2002 attestandosi su una media del 2,5%. Un risultato lievemente migliore di quello del 2001 (+2,7%), ma sensibilmente superiore al tetto dell'inflazione programmata (+1,7%). In dicembre infatti i prezzi al consumo sono aumentati dello 0,1% appena rispetto a novembre. Un dato che sarebbe potuto risultare anche più favorevole, se la diminuzione fatta registrare dai trasporti e la stabilità dell'abitazione, delle comunicazioni e delle spese per l'istruzione non fossero state vanificate dai forti aumenti di altre voci, prime fra tutti bevande e tabacchi. La lenta risalita del tasso tendenziale, comunque, si interrompe, anche se il 2,8% di dicembre rappresenta (insieme all'identico dato di novembre) il punto più alto toccato dall'agosto 2001. Sul territorio, a dicembre, è Napoli la città più cara (+3,8%), seguita da Venezia e Cagliari (+3,3%). Campobasso è la meno costosa: +1,9%, seguita da Firenze, Ancona e Reggio Calabria con un +2,1%. Potenza si colloca alle spalle di questo terzetto con un +2,2% e poi, infine, l'Aquila e Milano (+2,3%). Roma e Bari con un +3% seguono nella speciale classifica delle città più care, dopo Cagliari. Aosta e Torino a dicembre hanno fatto registrare un +2,9%, come Genova, mentre Trieste e Palermo si sono fermate al 2,8%. Trento è ferma al 2,7%. In ogni caso, il 2002 si conclude con un tasso medio del 2,5%, contro il 2,7% dell'anno precedente. Le prospettive per gennaio, coi forti rincari che si sono abbattuti su molti settori, non sono però rassicuranti e il costo della vita potrebbe tornare a puntare verso l'alto, anche se l'effetto confronto con il consistente aumento che si verificò nel gennaio 2002 (+0,4%) potrebbe contribuire a limitare i danni. Questi i dati diffusi ieri dall'Istat. Nel dicembre scorso l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (Nic) si è portato a 120,1 (base 1995=100), con un incremento dello 0,1% nei confronti del mese precedente. Una variazione marginale, la più modesta dell'intero anno con quella di giugno, che ha permesso, per la sua perfetta corrispondenza con quella del dicembre 2001, di bloccare sul 2,8% il tasso tendenziale. Si fissa invece nel 2,5% il tasso medio, collocando così l'Italia in una posizione non molto diversa da quella degli altri paesi di Eurolandia. L'obiettivo di un'inflazione più bassa nel 2003 - e soprattutto quello dell'inflazione programmata dell'1,4% - dovrà dunque fare i conti con un trascinamento, la quota di inflazione che un anno lascia "in dote" all'altro, di poco inferiore all'1,1%. Un fardello molto pesante, che spiega come mai le prime anticipazioni su quello che sta accadendo sul fronte dei prezzi in gennaio, che arriveranno dalle grandi città verso la fine del mese, siano circondate da un'attesa maggiore del solito. A favore di un raffreddamento dell'inflazione - oltre all'ingessamento dei consumi - potrebbe infatti giocare il confronto con il forte aumento che si era verificato nel gennaio dell'anno passato, quando il costo della vita salì dello 0,4%. Contro il ritorno alla discesa potrebbero invece coalizzarsi i forti rincari annunciati in molti settori e la situazione internazionale, che rischia di catapultare le quotazioni del petrolio su livelli ben superiori a quelli attuali. Per saperne di più, bisognerà attendere la diffusione dei dati delle città campione, che avverrà il 28 gennaio prossimo in contemporanea con quella del nuovo "paniere" dell'Istat. Infine è da segnalare che la Coalizione dei Consumatori per dare un segnale di cambiamento e di fiducia propone un accordo quadro tra le associazioni dei consumatori, quelle dei commercianti e dei distributori per il contenimento delle tariffe dei servizi di pubblica utilità entro il tasso di inflazione programmato dell'1,4 per cento. |
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