Nascono anche a sinistra comitati per il no sull'art. 18

29 Gennaio 2003
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ULIVO. TUTTI TIRANO PER LA GIACCA COFFERATI, CHE TACE Nascono anche a sinistra comitati per il no sull'art. 18 I liberal ds cercano l’aiuto di sindacati, artigiani e commercianti
Sul referendum per l'estensione dell'articolo 18 la sinistra ha scelto finora la politica del traccheggio: Cofferati sbuffa ma nicchia sulla dichiarazione di voto, il correntone ondeggia in attesa di Cofferati, Fassino insegue scappatoie legislative prima di pronunciarsi per il no. Adesso qualcosa si muove: l'area liberal dei Ds non ha intenzione di seguire la tattica temporeggiatrice del partito, riproposta ancora ieri dal coordinatore della segreteria Vannino Chiti («Decideremo come votare a marzo in direzione nazionale, all'avvio della campagna referendaria», ha spiegato Chiti). In una riunione tenuta alla fine della settimana scorsa la corrente guidata da Enrico Morando ha deciso anzi di passare all'azione promuovendo la costituzione dei comitati per il no. Il progetto è a buon punto e potrebbe essere ufficializzato nel giro di pochi giorni. L'obiettivo è andare oltre i Ds, coinvolgendo subito una parte della coalizione, i sindacati (Cisl, Uil e finanche un pezzo di Cgil) e tutte quelle realtà di categoria vicine al centrosinistra (Confesercenti, Cna) che hanno già fatto fuoco e fiamme contro il referendum di Bertinotti&co. La disponibilità di alcuni alleati c'è già: il no della Margherita è stato ufficializzato da Rutelli, mentre Roberto Villetti conferma che lo Sdi è pronto ad aderire alla proposta dei comitati: «Alla contesa dobbiamo andare preparati, e i comitati per il no possono essere lo strumento adatto». C'è già anche la sede dove formalizzare la proposta : l'intergruppo Artemide, che riunisce appunto la maggioranza riformista Ds, il grosso della Margherita e i socialisti in blocco. L'assemblea di Artemide sarà presto convocata ad hoc, probabilmente la prossima settimana. La preoccupazione principale emersa dalla discussione interna ai liberal della Quercia riguarda però la necessità di differenziare il no dell'Ulivo da quello già annunciato del centrodestra (e dei relativi comitati in via di costituzione). Spiega Morando: «Noi diciamo no all'iniziativa di Berlusconi e no al referendum, ma al contempo diciamo sì a una riforma che garantisca anche che quei lavoratori oggi privi di tutele». A tal fine, ci dice Morando, l'idea è quella di accompagnare alla campgna per il no il rilancio della riforma Ichino (basata sul modello tedesco), che lascia intatto il principio della giusta causa per il licenziamento ma assegna al giudice la facoltà di decidere se risarcire il lavoratore attraverso reintegro o indennizzo economico. La proposta Ichino come «soluzione legislativa» per evitare il referendum? Tutt'altro. Il ds Francesco Tempestini : «È inutile girarci introno, è chiaro che non esistono margini per approvare una legge di riforma insieme al centrodestra prima del referendum. Adesso è il momento di schierarsi sul voto». E Morando conferma la necessità: «Sono ancora troppi a sinistra quelli che definiscono questo referendum inopportuno e sbagliato, ma che sembrano pronti anche a votare sì come soluzione dell'ultima ora». Detta così, sembra quasi un identikit di Cofferati. Morando accetta ma rilancia: «Io continuo a sperare che Cofferati si dichiari per il no». Il Cinese, per parte sua, continua a tacere davanti agli appelli incrociati del sì e del no. Ma la sua collocazione incerta non paga, almeno secondo un sondaggio di Famiglia cristiana tra gli elettori del centrosinistra: Cofferati sprofonda al 12 per cento del gradimento come candidato premier dal 24 e passa di ottobre, «danneggiato - spiega il settimanale - dal sospetto che voglia spaccare il suo partito».
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