27/10/2006 ore: 11:15
Napolitano: «Il Parlamento si occupi dei precari»
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Pagina 14 - Economia & lavoro ?Il Parlamento si occupi dei precari? di Felicia Masocco/ Roma FALSI INDIPENDENTI L’universit? si sta muovendo, ? in ritardo ma comincia a indagare il ?fenomeno? del precariato. Sarebbe opportuno che lo facesse anche il Parlamento. Il Capo dello Stato incalza Camera e Senato a mettere in agenda la precariet?, ?il problema ? serio?, ha riconosciuto Giorgio Napolitano davanti a un gruppo di lavoratori del Politecnico di Torino. Il materiale da cui partire non manca. L’ultima fotografia l’hanno scattata insieme Ires-Cgil, Nidil-Cgil e la facolt? di Scienze della comunicazione de La Sapienza che ieri hanno presentato ?l’Osservatorio permanente sul lavoro atipico? e il suo primo rapporto. Innanzitutto i numeri. I parasubordinati attivi iscritti nel 2005 alla gestione separata dell’Inps sono poco meno di 1 milione e mezzo cui vanno aggiunti 209.960 con partita Iva. Sono prevalentemente uomini (il 57%) e hanno un’et? media di 41 anni. Si sentono ?dipendenti? ma non lo sono, guadagnano meno di mille euro al mese - almeno nel 50% dei casi - e non hanno figli. ? inquietante verificare come ha fatto l’Ires su un campione di 560 parasubordinati che ben il 90% di quelli che hanno meno 35 anni ? senza prole come pure il 50% di chi supera questa et?. Del resto con quello che guadagnano la famiglia ? un lusso. Il Rapporto calcola che l’imponibile medio nel 2005 degli iscritti all’Inps (dentro c’? di tutto, dai sindaci e amministratori di societ? ai co.co.pro) ? stato pari a 14.678 euro, ma la stragrande maggioranza di loro (il 58%) non arriva a 10.000 euro annui. Ancora: i collaboratori in senso stretto, che sono 964.436 (il 65% del totale) hanno un compenso medio di 8.334 euro. Troppo poco per chi dichiara (lo fa il 90%) di avere un unico datore di lavoro e si ?sente? lavoratore dipendente nell’85% dei casi. Solo una percezione? Non proprio. A guardare l’orario di lavoro si scopre che il 50% del campione Ires (il 63% nel settore privato) lavora pi? di 38 ore a settimana con punte di oltre 45 ore. La presenza ? quotidiana, l’attivit? si svolge in azienda che, per il 31% del campione, ? la stessa da pi? di quattro anni. Con quali prospettive di carriera? A fronte di un 17% che pensa di averne buone, il 44% dice che migliorer? cambiando azienda e il 39% ? scoraggiato, pensa di non averne. Vale anche per il 39% dei laureati. Poche le prospettive anche di una pensione. Poco meno del 40% degli intervistati, soprattutto over 35, si dice disponibile ad un aumento dell’aliquota contributiva che permetterebbe una pensione migliore. Il 38,6% ritiene per? di non essere disponibile perch? non pu? permetterselo. ?L’aumento delle aliquote non pu? ricadere sulle retribuzioni - spiega il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni -. Per questo al tavolo che si aprir? in gennaio sul mercato del lavoro proporremo unitariamente che per chi lavora con lo stesso datore la retribuzione non potr? essere inferiore a quella dell’anno precedente?. Per il sindacalista ?se si segue il ragionamento legato ai costi del lavoro, allora si dovranno equiparare quelli dei lavoratori atipici e stabili in termini previdenziali e prevedere anche una parificazione dei compensi che oggi per i precari sono spesso da fame?. La Cgil batte anche su una modifica pi? radicale: riscrivere il codice civile ?eliminare la figura del lavoratore parasubordinato e lasciare quelle del lavoratore dipendente e dell’autonomo?. Il ?problema? ? anche culturale, e per il preside di Scienze della Comunicazione Mario Morcellini ? stato sottovalutato. ?Sinistra e sociologia critica?, afferma, ?non hanno capito il potere di devastazione nei rapporti sociali che c’era nel precariato?. ?I giovani hanno messo in atto dei sistemi di adattamento che, per? - conclude - non potranno durare in eterno?. |