22/11/2005 ore: 10:42
Napoli. Abusi sessuali o licenziamento
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Pagina VI - Napoli I particolari della vicenda che ha portato all´arresto del titolare del "Sun store" all´interno di Capodichino abusi sessuali o licenziamento «TU non vali niente, ti posso licenziare in qualunque momento, ti pago e quindi devi dirmi: Camillo sono a sua completa disposizione, faccia di me quello che vuole». Una storia di abusi, il datore di lavoro che esige prestazioni sessuali e calpesta la dignità di tre ragazze assunte come aiuto commesse nel suo Sun Store, all´interno dell´aeroporto internazionale di Capodichino. Camillo Della Corte, 44 anni, venditore di tabacchi, giornali e souvenir con due postazioni presso lo scalo aereo napoletano, quindici dipendenti, è stato arrestato la settimana scorsa con l´accusa di violenza privata, violenza e molestie sessuali. Una micidiale accoppiata di mobbing e violenza sessuale. Lo ha inchiodato la denuncia delle tre giovani vittime, firmata nello studio dell´avvocato penalista Elena Coccia, dopo un´esperienza da incubo, odissea di vessazioni e prepotenze. Ragazze prima di allora con una buona dose di autostima, ridotte ormai con i nervi a pezzi, sofferenti di tachicardia, attacchi di panico, insonnia, conati di vomito, sindrome che gli psicologi chiamano "disturbo post traumatico da stress". Un atto d´accusa, il loro, che si avvale di testimonianze e prove schiaccianti fornite anche da alcune conversazioni registrate a sua insaputa, e che hanno permesso alla Procura di Napoli di far scattare le manette. "Camillo uomo", come si autodefiniva con le ragazze, all´atto dell´assunzione ha preteso di sapere tutto di loro, dalla situazione familiare ai problemi personali, notizie su eventuali mariti o fidanzati per finire ai ritmi del ciclo mestruale, «non puoi rimanere incinta senza concordarlo prima con me» avverte Della Corte. Le strane richieste prevedono anche la firma di un regolamento in 12 punti, da mandare a memoria, uno dei quali recita: «Se le vostre aspettative sono diverse vi invito a cercarle altrove». «La convocazione in ufficio diventa quasi quotidiana, una vera tortura» racconta D. C. ancora sotto choc, «non c´entra il lavoro, ma tocca sempre il privato: "sei troppo pudica", "piena di pregiudizi", "troppo morale" e perciò non meriti la mia fiducia. All´inizio pensavo: ho frainteso, non è possibile. Ero impietrita, pensavo: non sta succedendo a me, non è possibile». L´addetta alla cassa della postazione "arrivi", di solito postazione punitiva perché quella meno frequentata, è costantemente sotto il controllo di una telecamera, «per poter andare alla toilette dovevo telefonare e comunicare persino la natura del bisogno». Ben presto le richieste si fanno più esplicite: «Cosa sei disposta a fare per Camillo uomo? Come posso fidarmi di te?», «sbottonati la camicetta, mostrami il seno tirati giù i pantaloni». Una cantilena quotidiana, tartassa le sue vittime con una sequela di domande intime sui loro gusti sessuali, si lancia in promesse di piaceri inarrivabili: «Tuo marito ti soddisfa? Solo con me puoi diventare una vera donna». Usa un frasario volgare, registrato agli atti dell´indagine condotta dal pm Graziella Arlomede. Per mesi Camillo Della Corte avanza pretese sessuali, prova e riprova, minacciando in caso contrario il licenziamento. «Non vali un soldo, ti tengo perché mi fai pena, ti posso licenziare in qualunque momento, se sono generoso con te è perché tutto a un prezzo, ma se mi scappa la pazienza ti rimando da dove sei venuta». O al contrario: «Se vuoi fare carriera devi essere carina con me. Lo sai quello che devi fare... «Insiste perché sul lavoro indossino minigonna e tacchi a spillo. Le ragazze si fanno scudo, si confidano tra loro e si danno aiuto reciproco per sfuggire alla presa del maniaco. In azienda sono isolate, gli altri dipendenti, tutti maschi, hanno ricevuto dal padrone l´ordine di non parlare con loro «neanche per dire buongiorno». Un´opera pervicace di svilimento della persona, spiega la psicologa Maria Santangelo che le ha in cura. Con una soltanto di loro Della Corte mette in atto la vera e propria violenza sessuale, «forse perché era la più fragile», osserva Elena Coccia che con Claudia Piccolini, avvocato del lavoro, segue la vicenda. La ragazza implora: «Io devo lavorare», lui replica: «In questa casa si rimane solo se ci si abbassa i pantaloni. Che fai? Ho qui la lettera di licenziamento». La afferra per i capelli e la costringe a un rapporto orale. Il ricatto è andato a segno, lui strappa la lettera. |