Mille emendamenti per le nuove pensioni
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4 Maggio 2004
Mille emendamenti per le nuove pensioni
ROMA
Mille emendamenti, spaccatura netta tra maggioranza e opposizione, forti contrasti anche nella Casa delle libertà, in particolare tra esponenti di Forza Italia e Lega, rischio di colpi di scena, forte contestazione dei sindacati: è questa l’atmosfera rovente in cui oggi parte nell’assemblea del Senato, come stabilito dalla conferenza dei capigruppo, la stretta decisiva per varare entro il termine massimo di sette giorni il discusso provvedimento di riforma delle pensioni. La seduta è convocata per le 10 e subito si chiederà il voto sulla pregiudiziale di costituzionalità presentata dai Verdi e per il quale la scorsa settimana è mancato il numero legale per tre volte. Quindi, se non ci saranno ulteriori intoppi, si passerà alla votazione sui mille emendamenti presentati in gran parte dall’opposizione, ma anche dal relatore e da parlamentari della maggioranza. Nell’imminenza del dibattito i responsabili di Cgil-Cisl-Uil per le questioni previdenziali Morena Piccinini, Pier Paolo Baretta e Adriano Musi hanno chiesto ai gruppi parlamentari un incontro urgente, «prima che comincino le procedure di voto sui singoli articoli» per «esprimere le ragioni del dissenso» delle tre confederazioni «anche in ordine alle ultime modifiche apportate»: infatti non solo, precisano, viene elevata l’età pensionabile, ma si indebolisce pure in modo significativo il sistema della previdenza complementare equiparando i fondi negoziali con le altre forme a carattere individuale.
E ciò senza contare un ultimo siluro lanciato nelle ultime ore contro la previdenza integrativa: un emendamento, depositato da due senatori di Forza Italia Mario Ferrara e Lucio Malan, tende a far uscire la previdenza complementare dalla riforma in discussione e a rimetterla a successive «apposite norme di legge». Allo stralcio è favorevole il Tesoro perché comporterebbe un minor indebitamento per 7 miliardi ai fini della classificazione del rapporto deficit/Pil valida per Eurostat.
Ma il ministro Maroni ieri sera ha annunciato che a nome del governo chiederà il ritiro di quest’emendamento, perché non resterebbe granché della delega e «toglierebbe tutto quello che è stato lungamente concordato col sindacato».
Uno degli emendamenti, che suscita maggiore dissenso, è del relatore forzista Carmelo Morra e prevede una clausola giudicata dall’opposizione «veramente allarmante»: esso certifica di fatto l’introduzione di una verifica nel 2005, con la rideterminazione dei criteri di calcolo della pensione, «aggiuntiva» rispetto a quella prevista nel 2013. Così, osserva Tiziano Treu esponente della Magherita, c’è una «doppia scure»: «Prima aumentano l’età pensionabile, poi magari modificano al ribasso i coefficienti di calcolo della pensione. Due negatività si sommano». Con questa variante, aggiunge il capogruppo della Margherita in commissione lavoro di Palazzo Madama Antonio Montagnino, si allunga di fatto di un paio d’anni l’età pensionabile a parità di prestazione, ma si rischia anche di cancellare nell’arco di breve tempo la pensione di anzianità. Un altro emendamento del relatore abolisce il terzo canale per l’accesso alle pensioni di anzianità introdotto dalla Lega (57 anni di età e 35 di versamenti da calcolare con il sistema contributivo). In controtendenza la Lega avanza una proposta che inserisce per le donne la possibilità di andare in pensione di anzianità a 58 anni e non a 60. Ed ancora un emendamento della Lega chiede che venga fissato un tetto massimo di 300 euro al giorno per le cosidette «pensioni d’oro», nonostante che in commissione lavoro ne era stato rilevato il rischio di incostituzionalità.