17/4/2002 ore: 11:23

Mezza Italia ferma, ora si guarda al dopo

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Cofferati detta le condizioni per il dialogo: via l'articolo 18, no alla fiducia sul decreto per il sommerso, delega previdenziale da rifare
Mezza Italia ferma, ora si guarda al dopo
Pezzotta: «Riprendiamo la trattativa su basi chiare» - Angeletti: «Non si governa contro i lavoratori»

Massimo Mascini
ROMA - Il Paese si è fermato, almeno a stare alle cifre diffuse dai sindacati. L'adesione allo sciopero generale proclamato da Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Cisal e Cobas, secondo le sigle confederali, ha superato le aspettative, ma è subito scoppiata l'inevitabile guerra sui numeri esatti dell'adesione alle manifestazioni o allo sciopero vero e proprio. Affollati i comizi che si sono svolti in 21 piazze d'Italia e in particolare quelli di Firenze, Milano e Bologna, dove rispettivamente hanno parlato Sergio Cofferati, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti, segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Nei loro discorsi i tre sindacalisti hanno sottolineato gli alti numeri dell'adesione dei lavoratori, sostenendo che questo fatto mette in diversa luce il difficile confronto in atto tra Governo e forze sociali. «Si poteva forse supporre che non tutto il mondo del lavoro fosse con noi - hanno in pratica sostenuto i segretari generali delle tre confederazioni - che la generalità dei lavoratori non sostenesse le nostre battaglie, ma il blocco che è stato registrato in tutto il Paese dimostra il contrario». Di qui la richiesta al Governo «di una presa d'atto della realtà politica e sociale e quindi il ripristino di condizioni di dialogo diverse da quelle della vigilia». Sergio Cofferati ha sostenuto la necessità che il Governo adesso cambi linea. «Sappiano imprenditori e Governo - ha detto con grande chiarezza - che non ci fermeremo fino a quando non avremo realizzato i nostri obiettivi: stralcio dell'articolo 18 e dell'arbitrato, e delle norme inserite nel decreto sullo scudo fiscale in merito ai lavoratori che emergessero dal sommerso per il quale il Governo deve ritirarare la richiesta del voto di fiducia. Saremo in campo ancora - ha precisato - per tutto il tempo necessario». Il segretario generale della Cgil ha insistito molto sul rispetto che il Governo deve al sindacato. In particolare ha fatto riferimento, oltre alle polemiche delle settimane passate sui rapporti tra sindacato e terrorismo, al fatto che il Governo abbia interrotto il confronto per mandare avanti la discussione alle Camere sulla delega per la riforma del mercato del lavoro e il decreto legge per lo scudo fiscale. Il leader della Cgil ha respinto le numerose accuse rivoltegli, anche ieri, sulla natura politica della battaglia del sindacato e della Cgil in particolare. «Non c'è niente di più sindacale - ha detto - delle questioni relative a pensioni e lavoro. La verità è che si vuole scoraggiare la partecipazione alle nostre iniziative, di cui hanno paura a causa della loro debolezza. Del resto - ha detto ancora Cofferati - è il Governo che ha scientemente cercato e voluto lo scontro sociale e ha tentato di dividere il sindacato, mettendo in campo obiettivi politici dannosi per le stesse imprese». Più cauta forse la Cisl di Savino Pezzotta che parlando a Milano ha dichiarato la disponibilità della sua organizzazione a trattare, in una situazione però più chiara di quanto non sia stato finora. «Noi - ha detto - siamo pronti a tornare al confronto, ma solo su elementi chiari e precisi. Non ci sottrarrremo se ci convocheranno - ha aggiunto - come sempre, con i nostri sì e i nostri no, ma prima del confronto il Governo deve decidere che tipo di rapporto vuole avere con i sindacati, deve dire se vuole lo scontro o un confronto vero, dove le opinioni dei lavoratori hanno la stessa dignità di quelle delle altre parti sociali». Secondo Pezzotta il segnale dato ieri è «chiaro e inequivocabile». Se vogliono il dialogo, ha detto, «siamo prionti, ma devono togliere di mezzo la modifica all'articolo 18». La stessa affermazione fatta anche da Luigi Angeletti, che ha portato «l'enorme affluenza alle manifestazioni» («tutte le piazze d'Italia - ha detto - non bastano a contenere i lavoratori che manifestano») come elemento che da solo dovrebbe consigliare al Governo opinioni differenti. Berlusconi, ha detto il leader della Uil, «non capisce il Paese che rappresenta, ci sono milioni di persone che hanno capito benissimo le scelte del Governo e non le condividono».

Mercoledí 17 Aprile 2002

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