Melfi 3. Telegramma per Pisanu, firmato Giolitti
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MELFI 3. CHE FA LA POLIZIA QUANDO C’ENTRA LA FIAT di Francesco Cossiga Telegramma per Pisanu, firmato Giolitti
Caro ministro Pisanu, è sempre doloroso che cittadini che appartengono alle forze di polizia vengano a contrasto violento, anche se nei limiti della legalità, con altri cittadini che lottano per il loro posto di lavoro e per il loro salario, anche se con qualche atto di quella «violenza a bassa intensità» che è connaturale a qualunque azione sindacale: sciopero, picchettaggio, occupazione o altro, in qualunque parte del mondo libero. Tra qualche giorno celebreremo il primo maggio, festa del lavoro, che ricorda il martirio di operaie americane cadute durante uno sciopero sotto il fuoco della polizia. E poi celebreremo - e penso che tu da buon sardo sarai con noi - i morti del Buggerru, minatori sardi che, nonostante l'impegno dissuasivo dei pochi carabinieri reali presenti, furono falciati dal fuoco di militari del regio esercito, fatti intervenire dall'autorità di pubblica sicurezza per stroncare un loro sciopero, e quindi a tutela degli interessi dei padroni della miniere, per lo più stranieri. Mi permetto di riprodurre in questa mia lettera a te indirizzata il telegramma cifrato che l'onorevole Giolitti, presidente del Consiglio dei ministri e ministro dell'interno, inviò da Bardonecchia, dove si trovava, durante l'occupazione delle fabbriche della Fiat in Torino, al sottosegretario di Stato all'interno, delegato per la pubblica sicurezza, onorevole Corradini, che impartì le conseguenti istruzioni al prefetto di Torino, telegramma che era mia ferma intenzione inviare testualmente da presidente del Consiglio dei ministri al rappresentante del governo in quella città, se i sindacati avessero attuato il loro intendimento di occupare le fabbriche della Fiat sempre in Torino, nel 1980, intendimento da cui li trattenne la prudenza del Partito comunista italiano, allora guidato in quella città da Piero Fassino e da Giuliano Ferrara, prudenza rafforzata dalla presenza solidale tra i lavoratori di Enrico Berlinguer. Il telegramma di Giolitti a Corradini dunque recitava: «Cifrato. Bardonecchia, 2 settembre 1920, ore 11 (arrivo ore 13,30). Credo riguardo questione metallurgici convenga che azione governo si manifesti meno che è possibile. Governo in massima non deve interporsi se non è chiamato dalle due parti. Ogni iniziativa di governo rende più aspra la lotta. A Torino spiegai agli industriali che non potevano contare su uso della forza pubblica. Operai occupanti fabbriche non hanno interesse a guastare macchine sapendo che ciò produrrebbe lunghissima disoccupazione. Occorre insomma molta calma ed astenersi da iniziative non necessarie. Cordiali saluti. Giolitti».
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