Maroni: Tfr obbligatorio nei Fondi
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Pagina 31 - Economia |
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Pensioni, il ministro non esclude i disincentivi all´anzianità. Uil: decontribuzione bomba ad orologeria Maroni: Tfr obbligatorio nei Fondi E i sindacati minacciano lo sciopero
In bilico il progetto di un intervento della fiscalità generale per garantire le prestazioni "Senza il carattere vincolante, è destinata a restare asfittica la previdenza integrativa" VITTORIA SIVO
ROMA - Le quote di liquidazione che via via matureranno dovranno andare «obbligatoriamente» ai fondi pensionistici integrativi. A ridimensionare le attese dei sindacati, che contavano di aver convinto Roberto Maroni della opportunità di rinunciare a questo punto-cardine della riforma previdenziale, ha provveduto lo stesso ministro: «Se il conferimento del Trattamento di fine rapporto ai Fondi pensione non è obbligatorio, tali Fondi resteranno asfittici, esattamente come oggi, impedendo così un reale sviluppo della previdenza complementare». Formalmente il ministro non esclude in termini tassativi la richiesta dei sindacati di sostituire la obbligatorietà con il meccanismo del silenzio-assenso (il Tfr andrebbe automaticamente nel fondo a meno che il lavoratore non esprima una volontà contraria) - è una «soluzione intermedia» - ma aggiunge anche che «se viene lasciata al lavoratore la facoltà di scegliere, allora credo sia inutile fare la riforma, visto che già oggi è così e con scarsi risultati». Peraltro a suo avviso la obbligatorietà non dovrebbe sollevare problemi di incostituzionalità, come invece si sostiene da più parti. Alla vigilia dell´incontro che il ministro del Welfare avrà domani con i leader di Cgil, Cisl e Uil, sembrano così improvvisamente ridotte, se non del tutto azzerate, le possibilità di un avvicinamento delle posizioni. L´ostilità del sindacati, che non esitano a parlare di possibile sciopero generale, potrebbe rientrare qualora la riforma garantisse ai Fondi integrativi lo stesso rendimento oggi applicato al Tfr, ma per ora di questa ipotesi non si è parlato. Ancora su altri aspetti, osteggiati da Cgil, Cisl e Uil, Maroni afferma di «non aver cambiato idea». Per esempio sulla decontribuzione per i nuovi assunti, misura definita dal segretario generale della Uil Luigi Angeletti «una vera bomba ad orologeria, di cui nessuno sa valutare gli effetti negli anni a venire». Se lo scopo è ridurre il costo del lavoro, spiega Andriano Musi segretario della Uil, la soluzione migliore è trasferire alla fiscalità generale alcune spese assistenziali come assegni familiari, disoccupazione, maternità, malattia, senza tagliare la spesa pensionistica che presto o tardi metterebbe in pericolo i trattamenti pensionistici. Viceversa per la Confindustria la decontribuzione è il punto più importante della riforma. Non sarebbe infine del tutto scartata l´ipotesi che per innalzare l´età pensionabile e scoraggiare le pensioni di anzianità il ddl delega venga modificato con l´inserimento anche di disincentivi; il ministro del Welfare non lo esclude, anche se è ancora convinto che gli incentivi a restare al lavoro siano sufficienti. Quanto ad una «Maastricht del Welfare» che Berlusconi auspica come soluzione europea al problema pensioni, Maroni puntualizza che l´Ue non ha titolo per intervenire in materia e osserva che il presidente del Consiglio probabilmente intendeva dire che «la riforma già fatta in Italia andrebbe esportata negli altri paesi».
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