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sabato 8 ottobre 2005
L’ITALIA CHE SPENDE MALE RISPARMI PROMESSI E MAI REALIZZATI. «IL GOVERNO VUOLE TAGLIARE? DOVREBBE COMINCIARE DAI MINISTERI INUTILI» DICE IL VICESINDACO DI ROMA
Lo spreco ha l’auto blu e vola Ala Littoria
Cantieri eterni e 170 enti disciolti ancora in funzione. C’è anche una diga in costruzione da 21 anni
inchiesta Francesco Grignetti
ROMA Chi di spreco ferisce... Già, troppo facile parlare di soldi sperperati dagli enti locali. Il rospo di qua, il pipistrello di là, il corso per Veline, le lezioni da tatuatore. E intanto, i conti dello Stato, del Moloch mangiasoldi, chi li guarda? Sono giorni, questi ultimi, di agro divertimento, a leggere le polemiche sugli sperperi. Il presidente dell’Anci (associazione dei comuni) nonché sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, è forse il più arrabbiato di tutti: «Compreremo pagine di giornale per spiegare come stanno realmente le cose. Ad esempio, la presidenza del Consiglio chiarisca perché ha stanziato 6 milioni per un sondaggio. E Tremonti dica a che servono quei 600 mila euro concessi per la diffusione dell’espressione artistica contemporanea...». Domenici cita maramaldescamente i programmi del Dipartimento per le politiche di coesione e di sviluppo del Tesoro, ovvero il Progetto Sensi («diffusione dell'espressione artistica contemporanea», 600.000 euro), lo studio per il sistema dei trasporti nei Balcani (120.000 euro), il Piano strategico delle Isole Pelagie (160.000 euro), la Valutazione delle esternalizzazioni ambientali dei progetti infrastrutturali di trasporto (400.000 euro). Spesa complessiva per i vari studi, 55 milioni di euro.
Dice intanto una persona solitamente moderata come Maria Pia Garavaglia, vicesindaco di Roma: «Gli sprechi vanno cercati nei ministeri e nei cambi di uffici e arredi». E c’è addirittura chi è più radicale. Donato Robilotta, esponente del Nuovo Psi, è stato assessore storaciano della Regione Lazio agli Affari Istituzionali: «Se il governo voleva dare veramente un segnale di rigore, avrebbe fatto bene ad eliminare immediatamente i ministeri inutili e a proporre la chiusura dei tanti e troppi enti inutili». Wow. Sembra di sentire il Bossi prima maniera.
Lo Stato sprecone per anni è stato un cavallo da battaglia della Lega Nord. Il ministro Roberto Maroni se la prendeva giusto tre mesi fa con «l’incapacità del governo a contenere la spesa corrente». Interessante autocritica. A voler affrontare il capitolo dello spreco centralista, c’è solo l’imbarazzo della scelta. E il divertente (si fa per dire) è che sono loro, i ministri, i primi a discettarne. «Solo nelle amministrazioni centrali è possibile conseguire nel giro di due o tre anni risparmi sui 4-5 miliardi l’anno attraverso l’uso delle tecnologie», parola di Lucio Stanca, responsabile del dicastero dell’Innovazione. Benissimo. E che si aspetta? C’è un progetto sulla sanità elettronica per monitorare l’andamento della spesa in farmaci e prestazioni. Una singola Asl che l’ha sperimentata, ha risparmiato 200 mila euro in poche settimane. «Ci si chiede allora perché il progetto è rimasto nel cassetto del ministero per ben quattro anni producendo sprechi per milioni di euro», si domanda la Confesercenti in un suo dossier.
Il guaio è che il risparmio non riesce nemmeno nelle piccole cose. Era maggio quando il ministero dell’Economia ha diramato una circolare ai vari ministeri perché si applicasse una stretta del 10% sulle spese per auto blu, «altrimenti scatterà un taglio del 50%». L’ex ministro Siniscalco aveva provato a fermare la crescita delle spese dei ministeri entro il 2%. Dopo appena sei mesi, la Corte dei Conti segnalò che si erano impennate del 10%.
Quando si vuole davvero ridere, si citano i 170 enti disciolti che rimangono ostinatamente in vita. Per fare qualche esempio: l’Ala Littoria che risale al 1938 (è proprietaria di un terreno in Brasile su cui doveva sorgere un aeroporto, una rogna che si trascina da sessant’anni), l’Orfanotrofio della marina militare di Napoli, la Cassa conguaglio zucchero, l’Istituto nazionale gestione imprese di consumo, l’Ufficio accertamenti e notifica sconti farmaceutici, l’Ente nazionale Tre Venezie, la Fondazione Figli degli italiani all’estero, l’Ente per le scuole materne della Sardegna e così via. Due anni fa, per disperazione il ministero dell’Economia li ha mollati alla società Fintecna (il che poi è lo stesso essendo il ministero l’azionista unico). Al dicembre 2004, però, denunciava Raffaele Costa, «si attende da trenta mesi che venga effettuato il passaggio di tutte le liquidazioni dall’Iged alla Fintecna».
Altro capitolo mangiasoldi, i cantieri eterni. «Il Servizio Studi della Camera dei deputati - scrive Confesercenti - ha rifatto i conti alle "Infrastrutture strategiche": le opere da realizzare sono diventate 228, i costi complessivi sarebbero quasi il doppio dei 126 miliardi di euro inizialmente previsti». Casi scandalosi ce ne sono a bizzeffe. C’è una diga sul fiume Metramo, in Calabria, che doveva servire un polo dell’acciaio. L’acciaieria non è mai arrivata, la diga sì: è stata prima convertita a bacino per l’agricoltura, poi a riserva di acqua potabile. L’invaso, dopo 76 aumenti di prezzo (da 15 miliardi si è arrivati a 819), è terminato ma vuoto: nessuno ha provveduto alle condutture. In Puglia, a Monteparano (Taranto), un altro invaso da 250 milioni di euro, il Pappadai è in costruzione dal 1984. Potrebbe contenere fino a 20 milioni di metri cubi d’acqua. Manca però l’acqua, che dovrebbe arrivare dalla Basilicata. I porti restano in alto mare: nell’arco di un quinquennio è stato realizzato un quinto degli investimenti autorizzati dallo Stato (3,5 miliardi di euro i finanziamenti non utilizzati). Ma l’elenco è davvero infinito. Raffaele Costa ci ha scritto sopra un intero libro, «L’Italia degli sprechi». Ah, una notizia dell’ultimora: soltanto di intercettazioni telefoniche ordinate dai giudici, lo Stato spende 350 milioni di euro.
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