Lavoro tradizionale addio
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Secondo un’indagine Cgil le nuove tecnologie destrutturano il contratto su salari, orari e mansioni
 Lavoro tradizionale addio Megale (Ires): negli accordi collettivi più spazio ai profili individuali Lina Palmerini
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ROMA Non si lavora più come una volta. A "certificare" un cambiamento tante volte evocato e spesso anche riscontrato, è una ricerca svolta tra tutti i Paesi dell’Unione, la Sowing Project, e realizzata per quel che riguarda l’Italia dall’Ires-Cgil. L’obiettivo dell’indagine, che ha coinvolto circa 900 imprese europee e verrà presentata ufficialmente in giugno, è stato quello di verificare come e quali effetti le nuove tecnologie hanno sull’organizzazione dell’impresa e del lavoro. La conclusione? In un certo senso quella attesa: il lavoratore tradizionale, quello cioè assunto in azienda a tempo indeterminato, con mansioni specifiche e percorsi di carriera e salario tracciati dal contratto nazionale, è in estinzione. Ma soprattutto i contratti di lavoro, riferimento legislativo della tradizione, vengono sempre più velocemente scardinati e reinventati. E questo avviene soprattutto su orari, mansioni e salari. Il processo è lento, dunque, la metamorfosi del lavoro e contratto tradizionale non sarà traumatica ma è già nei fatti e riguarda ben più persone di quell’avanguardia dei nuovi lavori. Quello che emerge infatti è che non è solo la new economy a far saltare tradizioni e rituali del mercato del lavoro. Tutto il mondo dell’impresa si trova oggi a fare i conti con trasformazioni dettate dall’internazionalizzazione e spinte dalla competitività ma agevolate dalle nuove tecnologie che acquistano un ruolo centrale nella scena del cambiamento. L’innovazione, quindi, non è l’artefice ma il motore di una nuova organizzazione e logica di sistema che non riguarda solo una fetta di mondo produttivo ma tutto il contesto fatto di imprese e lavoratori. I tre momenti cruciali della storia professionale, l’ingresso, la permanenza ma molto meno l’uscita dall’occupazione, vengono destrutturati dal tocco delle nuove tecnologie in un modo che risulta molto simile tra tutti i Paesi. L’ingresso, per esempio, è un passaggio quasi del tutto "gestito" dalle forme di flessibilità arrivate in alcuni Paesi Ue a percentuali del 40-50 per cento. E anche la permanenza nn è più standard: si entra con un incarico che ha contorni diversi da prima e che muta col tempo senza più le certezze di una volta sulla carriera. In particolare due sono le nuove esigenze e tendenze: la flessibilità degli orari e quella della catena mansioni-salario-carriera. In questi due punti si concentra l’innovazione importata dalle nuove tecnologie. La connessione a una rete, l’uso di e-mail, ha legato molto più strettamente e velocemente l’impresa ai clienti e quindi i lavoratori a clienti e impresa. Un abbattimento di tempi che ha anche dettato un’organizzazione dell’impresa non più su forme verticali ma orizzontali: tutto questo si traduce in un’esigenza, flessibilità di tempo. Salta il cartellino, salta l’orario contrattuale e si afferma un nuovo "patto" e scambio tra azienda e lavoratore fondato sul tempo di lavoro. Anche la catena mansioni-retribuzione-carriera cambia profilo. Innanzitutto c’è la tendenza a una maggiore autonomia e individualismo del lavoratore: una spinta che si realizza anche, e in certi casi soprattutto, attraverso il lavoro in team. Quello che è più importante è che le mansioni scritte nei contratti sono assolutamente superate perché i contenuti professionali si dilatano e si specializzano, creando percorsi di carriera e retributivi tarati sull’incontro azienda e individuo. Un dato per tutti può aiutare a capire quanto è già stato scavalcato dai fatti: circa il 40% della retribuzione di gran parte dei professionals europei è sganciata dal "dettato" del contratto collettivo. «Un dato — ha commentato Agostino Megale, presidente Ires — che ci fa molto riflettere. Chi ha trascurato l’autorità del salario contrattuale? L’impresa. Ed è giusto? No. Allora dobbiamo assolutamente pensare a strade nuove. Questo vuol dire creare dentro la cornice del contratto collettivo delle griglie e dei riferimenti a percorsi di carriera e di salario individuali. La via dei contratti individuali è sbagliata perché indebolisce il lavoratore ma non ci si può neanche far superare dalla realtà». Un cammino che non è facile anche se non del tutto in salita. Nelle imprese di frontiera, della new economy, il sindacato non riesce a entrare ma in quelle tradizionali attraversate però dall’impatto delle nuove tecnologie, la rappresentanza esiste. «È qui — conclude Megale — che ci giochiamo una partita importante. E bisogna cercare di giocarla partendo innanzitutto dalla riforma degli inquadramenti che oggi sono saltati, sono vecchi e superati. Ma l’altro fronte è sulla flessibilità degli orari: il modello può essere quello dei chimici o tessili. Tutto però deve passare attraverso il consenso e la contrattazione, non con la conflittualità». Giovedì 26 Aprile 2001
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