11/3/2002 ore: 9:58

Lavoro, pressing di D´Amato sul governo

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(Del 10/3/2002 Sezione: Economia Pag. 16)
MANIFESTAZIONI CISL IN 100 PIAZZE D´ITALIA. TREMONTI CRITICA I SINDACATI: STANNO REGREDENDO NEL LUDDISMO, COME NELL´800
Lavoro, pressing di D´Amato sul governo
«Sbagliato cedere alle piazze». Fini: «Manterremo le promesse»



inviato a PALERMO

Si avvicina il vertice europeo di Barcellona. E il presidente della Confindustria Antonio D'Amato si mostra preoccupato. All'appuntamento del prossimo fine settimana, dice, il governo di Silvio Berlusconi sta arrivando «in ritardo» rispetto alle promesse di riforme per il mercato del lavoro, la previdenza e il fisco. I suoi timori riguardano innanzitutto, ma non solo, le modifiche dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori con la possibilità di prevedere solo il risarcimento e non anche il reintegro in tre casi di licenziamento senza giusta causa. Modifiche, secondo la Confindustria, non risolutive di tutti i problemi della competitività e dell'arretratezza del Mezzogiorno ma un tassello significativo di un ampio processo di cambiamento e della maggiore flessibilità invocata. D'Amato ne parla al Teatro Massimo di Palermo dove la sua organizzazione propone, con un convegno, la ricetta per il riscatto del Sud. E vedendo gli anni passare invano e le ultime giornate bruciarsi in estenuanti discussioni, sollecita il governo ad agire. Attende per la prossima settimana una mossa di Berlusconi che ha dichiarato di non voler far marcia indietro rispetto alle modifiche dell'articolo 18 contenute nel disegno di legge delega sul mercato del lavoro ma di avere in cantiere una nuova proposta. Il leader degli industriali preme su Berlusconi invitandolo a non cancellare quelle modifiche e a non sottostare ai «niet» sindacali, soprattutto a quelli espressi dalla Cgil, e alla «paura della pressione della piazza». Spiega D'Amato: «Se decidesse la piazza sarebbe una grave sconfitta della democrazia parlamentare» dal momento che il governo è stato formato sulla base di un forte successo elettorale. Da Roma sembra rassicurarlo il vicepresidente del consiglio Gianfranco Fini rivendicando al governo «il diritto-dovere di presentare le proposte che saranno presentate la prossima settimana». Oltretutto «le riforme strutturali si devono fare e si faranno». Fini puntualizza che lo statuto dei lavoratori risale alla «fine degli anni sessanta, anni in cui i carri armati sovietici entravano a Praga». Ma «oggi siamo nel 2002 e non si può considerare lo statuto ancora come un totem e dire che non si tocca: noi non vogliamo toccarlo, ma adeguarlo ai grandi cambiamenti in atto». E «i veri conservatori sono quelli che parlano di flessibilità e poi alzano barricate altissime a difesa dell'articolo 18». Il presidente della Confindustria sta in guardia: «Se l'articolo 18 è diventato così ideologico è perché c'è la costante abitudine dei sindacati di dare dei "niet" ogni volta che ci sono delle riforme in campo. Niet sono stati dati a Prodi, a D'Alema e ad Amato. Ora viene dato a Berlusconi. Aspettiamo di vedere se questo governo farà come i tre precedenti o farà cose diverse». D'Amato fa presente che anche Massimo D'Alema, quando era presidente del consiglio, e la Uil immaginarono di cambiare l'articolo 18. Ed è stato lo stesso governo Berlusconi a darsi come termine per le riforme il vertice di Barcellona: «Siamo in ritardo e non ci può essere nessuna ragione per non decidere a causa di strumentalizzazioni di piazza, angosce elettorali o congressuali». Un governo che «ha avuto un consenso tanto forte deve poter affrontare in parlamento il dibattito sulle riforme tenendo conto dell'orientamento delle parti sociali, ma assumendosi le proprie responsabilità prendendo le decisioni». Molto prudente sull'articolo 18, il ministro dell'economia Giulio Tremonti, intervenuto al convegno del Massimo, si limita a garantire che «il governo fa il suo mestiere» e perciò «si riunirà e deciderà, tutti insieme». Sul piano generale, però, Tremonti non risparmia una stoccata ai sindacati accusati di luddismo, il movimento contrario nell'Ottocento alla rivoluzione industriale. Dice Tremonti: «Una volta ho conosciuto un sindacalista del Nord che mi disse di aver paura delle macchine vecchie, non di quelle nuove. A me, allo stesso modo, fanno paura i contratti vecchi non quelli nuovi. Credo che il sindacato italiano stia diventando regressivamente luddista». Ancora ieri, tuttavia, in una manifestazione a Roma il segretario della Cisl Savino Pezzotta conferma di non escludere il ricorso allo sciopero generale (e non «particolare» come quello proclamato dalla sola Cgil). La Cisl che ieri ha promosso manifestazioni in ben 100 città italiane, sottolinea Pezzotta, «saprà resistere alle minacce e alle denigrazioni» ma anche «alle lusinghe». Vista da D'Amato la vicenda dell'articolo 18 ha un «sapore amaro perché anche chi sostiene che il Sud sia un problema fondamentale poi cade in tentazione e fa le sfilate contro le riforme che farebbero crescere e assicurerebbero al Sud grandi prospettive di sviluppo». Il presidente della Confindustria sostiene che il «paese è e sarà quello che il Mezzogiorno saprà essere» e «non potrà mai essere in prima fila, credibile in Europa e nel Mediterraneo, con un divario così ampio fra Mezzogiorno e Nord». D'Amato apprezza la sollecitazione di Pezzotta a rilanciare il patto per il Mezzogiorno: «Ma è necessario che si tratti di un patto vero. La finestra temporale è sempre più stretta».
Roberto Ippolito

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