6/11/2002 ore: 11:43

La vedova Biagi ai giudici "Cofferati ci tolse il saluto"

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MERCOLEDÌ, 06 NOVEMBRE 2002
 
Pagina 24 - Interni
 
IL CASO
 
In procura a Bologna ricostruiti i rapporti con la Cgil
 
La vedova Biagi ai giudici "Cofferati ci tolse il saluto"
 
 
 
"Mio marito
rimase addolorato
dal cambiamento di rapporti"
 
PAOLA CASCELLA

BOLOGNA - Tra Sergio Cofferati e Marco Biagi prima c´era stato «un rapporto di stima. Una grande stima reciproca». Poi arrivò il gelo. Dopo il patto di Milano, dopo la collaborazione con la Confindustria e il governo di destra, dopo il Libro bianco. «Tutte cose interpretate come una sorta di tradimento ideologico. Subentrò un distacco, una freddezza che Marco visse con sofferenza. Cofferati gli aveva tolto persino il saluto. Un gesto davvero inelegante. In casa ne parlavamo spesso perché Marco era rimasto dispiaciuto e colpito». Per Marina Orlandi, la vedova di Marco Biagi, c´è una parola sola per definire il gesto dell´ex leader della Cgil: «Un comportamento maleducato. Marco ed io ce lo siamo detto tante volte: quello di Cofferati fu un voltafaccia immeritato, ma soprattutto una forma di cattiva educazione».
Parole sprezzanti, ma sobrie, asciutte, nello stile scelto dalla vedova del professore. Uno stile condiviso dall´avvocato difensore Guido Magnisi che parla pochissimo, ma nel nuovo anno si prepara a chiedere un risarcimento miliardario allo Stato per la morte del professore lasciato solo, senza scorta, e ucciso sotto casa dalle Br il 19 marzo scorso. Quelle parole la signora le ha dette poche settimane fa in Procura, seduta davanti al procuratore aggiunto Italo Materia. Era stata lei a chiedere di essere sentita a proposito dell´inchiesta nata dalla denuncia contro ignoti presentata proprio da Cofferati, chiamato in causa da una delle lettere pubblicate da Repubblica in cui il professore chiede aiuto alle autorità perché si sente in pericolo. «Non vorrei che le minacce di Cofferati (riferitemi da persona assolutamente attendibile) nei miei confronti, venissero strumentalizzate da qualche criminale», scrive Biagi a Stefano Parisi della Confindustria. E´ il 2 luglio 2001. Il 15 luglio al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini scrive ancora: «Sono molto preoccupato perché i miei avversari (Cofferati in primo luogo) mi criminalizzano». Otto mesi dopo il giuslavorista viene giustiziato sotto casa. Da allora nessuno ha identificato la «persona assolutamente attendibile» citata da Biagi come fonte di quelle «minacce» che l´ex leader della Cgil, indignato, ha subito smentito. Non c´è riuscita neanche la Procura di Bologna. Che ora si prepara ad archiviare l´inchiesta. «Non ne so niente - ha detto la stessa Marina Biagi - . Non so a chi si riferisse mio marito. Questo argomento non è mai stato discusso tra noi. Non ho idea di che cosa avesse in mente quando ha scritto quelle cose. Certo però tra Cofferati e Marco si era aperto un periodo di grande freddezza. Una volta c´era una reciproca stima, ultimamente i loro rapporti si erano incrinati. Si incontravano spesso in occasioni ufficiali e ad un certo punto Marco mi disse che Cofferati aveva persino smesso di salutarlo».

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