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La sfida della Coop: sugli scaffali solo prodotti etici

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      martedì 1 luglio 2003

      Tutti i fornitori devono rispettare le regole minime di un’economia «morale»: dal lavoro minorile alla compatibilità ambientale delle produzioni
      La sfida della Coop: sugli scaffali solo prodotti etici

      Gildo Campesato

      ROMA Il made in Italy? Qualità, estetica ma anche «eticità». È la parola d’ordine che Coop, il gigante italiano della distribuzione che fa capo alla Lega delle Cooperative, lancia al resto dell’imprenditoria italiana. Ed «eticità», nella visione di Coop, significa alcune cose apparentemente semplici ma in realtà assai significative: rispetto assoluto delle regole del lavoro fissate dagli organismi internazionali, rispetto della compatibilità ambientale, garanzie di sicurezza alimentare. E questo lungo tutta la filiera di distribuzione con tutti i fornitori coinvolti.
      Più che una proposta quella lanciata da Coop nel corso di un convegno a Roma è dunque una sfida: un invito a tutti i fornitori della filiera dei prodotti che finiscono sugli scaffali
      dei supermercati cooperativi a rispettare le regole minime dell’economia etica. Anche se producono in aree dove i diritti dei lavoratori non si sa bene cosa sono, dove i bambini
      sono avviati al lavoro giovanissimi, dove la tutela dell’ambiente è considerato un inutile lusso. E chi non rispetta gli impegni, rischia di rimanere fuori dagli scaffali Coop.
      «Vogliamo garantire ai consumatori italiani una filiera socialmente responsabile di prodotti, alimentari e non», spiega il presidente di Coop Italia, Vincenzo Tassinari. «Si tratta dei principi - aggiunge Giorgio Riccioni, presidente dell’Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori - su cui poggia già l’iniziativa di Coop, attraverso la sua politica imprenditoriale e i suoi prodotti a marchio». Un analogo sforzo, adesso, è
      richiesto anche ai fornitori dei prodotti non a marchio.
      Quella che Coop lancia al resto dell’industria italiana non è soltanto una sfida morale, ma anche una scelta di tipo economico. I consumatori tendono sempre più ad includere
      scelte di valore nel momento delle loro decisioni di acquisto, come conferma Ernesto Illy, presidente di Centromarca: «Ci sono segnali forti che i consumatori sono sensibili alle tematiche della responsabilità sociale della marca. Il prezzo è una componente
      assai meno determinante che in passato».
      Se per Lamberto Santini, segretario confederale Uil, «la partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese fa parte della responsabilità sociale ed è iscritta nella Costituzione taliana», secondo mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del pontificio consiglio Justitia et Pax, «la persona umana, il rispetto della sua dignità, la tutela dei diritti fondamentali della persona devono essere al centro di ogni attività».
      Che l’appello al rispetto di principi etici in economia possa avere effetti significativi sul modo di produrre, lo mostra l’esempio delle piantagioni Del Monte in Kenia. «Coop
      ci ha chiesto di verificare l’eticità del trattamento dei lavoratori e l’assenza di lavoro minorile - spiega Eileen Kaufmann, direttore generale di Social Accontability International, una Ong che collabora in materia con l’Onu - Siamo intervenuti e visto
      che alcune cose non funzionavano la Del Monte è stata costretta ad adeguarsi, se voleva diventare fornitore Coop».

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