15/10/2007 ore: 11:32

La mossa dei big: un direttorio attorno a Walter

Contenuti associati

    lunedì 15 ottobre 2007

    Pagina 5 - Primo Piano


    Retroscena
    Che cosa cambia da oggi
      La mossa dei big:
      un direttorio
      attorno a Walter

      Ma la prima scelta del super-segretario
      sarà il trasloco da piazza Santi Apostoli

      FABIO MARTINI

      ROMA
      All’ora di pranzo, prima di rilassarsi finalmente un po’ in casa con moglie e figlie, Walter Veltroni aveva dato ai suoi la linea per una serata che si preannunciava emozionante: «Allora, io verrei verso le 21,30 lì alla sede del Comitato a piazza di Pietra, vediamo i dati, faccio un primo commento e poi più tardi passiamo a Santi Apostoli...». Già, i Santi Apostoli. Da otto anni il grande appartamento al secondo piano della piazza dedicata ai primi discepoli di Cristo è diventato la casa dell’Ulivo, lì Romano Prodi ha tenuto il suo ufficio anche quando viveva a Bruxelles, proprio lì il presidente del Consiglio - appena saputo del boom di partecipanti alle Primarie del Pd - ha deciso di trasferirsi, cambiando il suo programma che prevedeva una domenica bolognese. E ai Santi Apostoli, nel cuore della notte, una volta acquisita la vittoria, Walter Veltroni è andato a piedi a salutare il presidente del Consiglio, in una originale inversione dei ruoli: il vincitore andava a rendere omaggio al premier, che non è neppure andato incontro al sindaco e lo ha atteso al secondo piano. Ma alla fine l’abbraccio tra i due, lontano dalle telecamere, somiglia tanto ad un passaggio di testimone, col vessillo dell’Ulivo che passa dalle mani di Romano Prodi a quelle di Walter Veltroni. Per 12 anni - da quando ne parlò per la prima volta a Bologna nel 1995 - il Professore ha incarnato l’idea dell’Ulivo e grazie a quel solitario «possesso» ha potuto consentirsi solitari rilanci e ardite interdizioni, ma ora che quel simbolo diventa partito, Walter Veltroni ha intenzione di farne una «Cosa» nuova.

      A cominciare proprio dalla sede. Non c’è ancora nulla di ufficiale, ma è quasi certo che la direzione del nuovo partito non si sistemerà nella storica sede dell’Ulivo. La ricerca di una nuova sistemazione è ancora in corso, ma lo stacco simbolico dalle antiche stanze è già deciso. E da stamattina il sindaco-segretario dovrà iniziare ad affrontare le complicate questioni rimosse in una «campagna elettorale» che è durata ben 133 giorni. Certo, il plebiscito che ha eletto Veltroni segretario «non ha eguali nella storia dei partiti politici - come osserva il suo vice Dario Franceschini - perché sinora l’elezione diretta più larga è stata quella delle platee congressuali di partito», formate di solito da millecinquecento-duemila delegati. Eletto da milioni di persone, Veltroni si ritrova in mano un potere enorme, ma nessuno dei notabili di partito che lo ha sostenuto - Massimo D’Alema, Piero Fassino, Franco Marini - ha intenzione di affidarsi ad una leadership solitaria. «La grande risposta dei cittadini è anche molto esigente nei nostri confronti - dice il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni - e richiama alla responsabilità tutta la leadership del Pd». Fuor di metafora, Veltroni sa che, in attesa del nuovo Statuto, già questa mattina si troverà la richiesta di far eleggere dall’Assemblea costituente un «organismo collegiale provvisorio», un Direttorio sobrio ma rappresentativo che affianchi il nuovo leader.

      Ma se su un «Direttorio» che lo affianchi, Veltroni ha già fatto sapere di non avere obiezioni di fondo, il primo nodo da oggi riguarda i gruppi parlamentari. Se Franceschini e la Finocchiaro si dimetteranno sono due i «pacchetti» cui pensa il segretario: alla Camera Fassino o uno tra Soro e Mattarella; al Senato Paolo Giaretta della Margherita. E poi la vera, grande questione: quella del rapporto col governo. Nell’entourage di Veltroni (anche se lui non ha la stessa convinzione) in diversi - a cominciare da Goffredo Bettini - in privato ripetono che «non ci possiamo trascinare con questo governo per un altro anno e mezzo, o peggio fino al 2011...». Ma su un punto Veltroni e i veltroniani non transigono. Il sindaco lo riassume in una parola: «Cambiamento». Che poi declina con la promessa: «Non vi sorprendete se daremo risposte non ortodosse». L’ambizione di Veltroni è quella di costruire, da subito, un partito pronto alla battaglia, a qualsiasi battaglia. Anche ad una ravvicinata contesa elettorale. Dice Ermete Realacci: «E’ chiaro che la parola chiave è accelerazione nella costruzione di un partito pronto alla competizione. Purtroppo, come dimostrato dalla vicenda Welfare, questo è un governo che anche quando fa bene al massimo non perde consensi ma è incapace ad intercettarne di nuovi».

    Close menu