24/3/2003 ore: 11:26

La guerra in diretta e le vittime televisive - di G.Triani

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ItaliaOggi (Media e Pubblicità)
Numero
069, pag. 17 del 22/3/2003

di Giorgio Triani


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La Guerra In Diretta E Le Vittime Televisive

Con le pinze e con le molle: così vanno prese le notizie di guerra, perché la disinformazione è parte essenziale delle strategie belliche. Lo hanno ripetuto tutti i conduttori e su ogni rete: sino alla noia e incuranti del fatto che più mettevano le mani avanti più fioccavano le notizie d'agenzia prive di verifiche. Vere o meno, talvolta improbabili, per tutta la giornata di giovedì sono piovute sui telespettatori bombe informative a grappolo, a scoppio ritardato, a frammentazione e pure a salve. Insomma di tutto e di più, nel mentre però che il lancio del primo missile cruise che ha aperto la campagna Iraq Freedom, ma poteva anche essere del 1991, cioè d'annata, è passato in video non meno di un centinaio di volte; al pari del discorso di Bush dopo l'inizio delle ostilità e quello analogo del nemico Saddam. E qui, sull'appello alla guerra santa del rais, si è letteralmente scatenato Emilio Fede: è lui, non è lui, forse è il suo sosia, ha tenuto banco sul Tg 4 dal mattino alla notte. Il direttore ha convocato in studio addirittura uno psicofisionomista, ma benché sin da mercoledì fosse in trincea, per bissare l'impresa di dodici anni fa, cioè essere il primo ad annunciare l'inizio della guerra, questa volta tutti gli onori della cronaca sono andati a Giovanna Botteri. L'inviata del Tg 3 ha infatti messo a segno un colpo giornalistico planetario. Le immagini e il suo commento, arrivati in video grazie al videotelefono, sono stati ripresi non solo dal Tg 5, cioè dalla concorrenza, ma dai principali telegiornali europei e perfino dalla Cnn.

Ma, aggiunto che l'impresa della Botteri ha dato un ottimo posizionamento, in autorevolezza e ascolti, alle news della terza rete, dimostrando altresì che il giornalismo nazionale, avendo un minimo di mezzi, è assolutamente competitivo, va anche rilevato l'eccesso di trionfalismo che ha avvolto l'intera Rai. I vertici della terza rete apparsi in video per automedagliarsi potevano forse esserci risparmiati. Anche perché se scoop è stato, di bombe e morti e non di un record olimpico si è trattato. Ma ci sarebbero da mettere sotto controllo anche i toni eccessivamente ispirati coi quali è stata ad esempio presentata la terrificante e supertecnologica Moab, ovvero la ´ Madre di tutte le bombe'. Certo è che, se la guerra continuano a farla gli uomini, ora a raccontarla in prima linea sono perlopiù donne: il fenomeno merita di essere analizzato nelle sue implicazioni giornalistiche ma anche di genere e di stato dei rapporti fra i due sessi. Ma altrettanto certo è che mai come in questa occasione si sono visti in video tanti esperti in strategia e questioni geopolitiche e militari. Forse sedicenti però, visto che poche delle previsioni formulate alla vigilia, a partire dalle 3 mila bombe che nel primo giorno avrebbero dovuto abbattersi e praticamente radere al suolo Bagdad, si sono realizzate. La tv, anche in quest'occasione, ha dimostrato come sia sempre forte la tentazione di affrontare con modelli da talk show e con un opinionismo da Processo di Biscardi quella che, per quanto intelligente sia diventata, resta la peggiore tragedia umana.

In questo senso, se è comprensibile la forte attenzione giornalistica, c'è da chiedersi se valesse e valga la pena di militarizzare pure i rotocalchi leggeri e allegri. Ma se, come ha detto con la sobria lucidità di sempre Igor Man a La vita in diretta, ´la prima vittima della guerra è la verità e subito dopo le donne e i bambini', si dovrebbe pure fare il conto delle vittime televisive. Ovvero dei telespettatori tramortiti ieri dalle inchieste volanti e stradali de L'Italia sul Due su ´cosa è cambiato nella sua vita con la guerra'; oppure dalla riproposizione ai Fatti vostri della telefonata fatta da Fabrizio Frizzi nel 1991 a un insegnante di Saddam Hussein. Meglio, molto meglio lo stop ai programmi e agli spot di Mtv, per 24 ore di riflessione, e il bell'approfondimento di Giovanni Minoli, giovedì notte su Rai Tre, Tutti gli uomini del presidente. Attraverso lo scontro fra il segretario della difesa Paul Wolfowitz e il segretario di stato Colin Powell si è finalmente riusciti, fuor di propaganda, a capire come e perché Bush si è convinto a fare guerra all'Iraq.

trianig@tin.it

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