La gelata dei consumi svuota i negozi

27 Giugno 2004
La gelata dei consumi svuota i negozi I piccoli esercizi sono i primi a pagare per il ridotto potere d’acquisto delle famiglie
Luigina Venturelli
MILANO Una specie in via di estinzione, condannata ad una lenta scomparsa dall’avanzata delle grande catene commerciali e da una crisi del potere d’acquisto che alle famiglie non lascia scelta: risparmiare per consumare. Così i piccoli negozi sotto casa sono diventati una rarità all’interno del panorama cittadino, eccezioni alla regola da misurare in termini di chiusure: sono 140mila le botteghe alimentari che negli ultimi dieci anni hanno serrato i battenti.
Se il presente è difficile (in aprile le vendite al dettaglio delle imprese operanti su piccole superfici sono scese dello 0,8% a fronte dell’incremento del 3,4% della grande distribuzione) anche il futuro vede nero.
«C’è una crisi complessiva dei consumi che si ripercuote su tutte le attività commerciali - spiega Marco Venturi, presidente di Confesercenti - ma il momento è particolarmente difficile per i piccoli negozi, che in tutta Italia sono quasi 750mila. Negli ultimi dieci anni sono stati persi 235mila posti di lavoro fra gli addetti del settore e solo fra gli alimentari, quelli più in difficoltà, hanno chiuso 140mila esercizi».
Molti quelli che rinunciano alla propria attività, altrettanti quelli che ci provano per poi resistere sul mercato pochi mesi. «Ormai registriamo un ricambio di 50mila piccole imprese all’anno - continua Venturi - oggi i negozi aprono e chiudono con molta più velocità di un tempo. Una rotazione rapida dovuta soprattutto alla crescita delle grandi catene commerciali, che ha influito soprattutto al Nord, ma ora sta prendendo piede anche al Centro e al Sud. In alcune province tutto è ormai passato alla grande distribuzione, che negli alimentari ha raggiunto quasi il 60% della quota di mercato. Sono loro che fanno i prezzi, sono loro a non aver contenuto la spinta inflattiva, mentre le polemiche hanno investito soprattutto i piccoli esercenti».
Ma i negozi non perdono solo la sfida contro i giganti del settore: pesa in modo determinante anche il difficile momento dell’economia. «Altri fattori di rischio - è l’analisi del presidente di Confesercenti - sono il sensibile calo dei consumi e la crescita dei costi da sopportare. Secondo una ricerca di Nomisma, gli affitti dei piccoli locali commerciali sono cresciuti solo nel 2003 del 7% e del 10% nelle grandi città. Inoltre ci sono stati aumenti a due cifre nelle tasse e nelle tariffe locali, che i comuni e le regioni hanno innalzato per compensare il taglio dei fondi agli enti territoriali deciso dal governo: la tassa per la nettezza urbana, quella per occupazione di suolo pubblico o l’Ici hanno subito rialzi spaventosi».
Una crisi alla quale l’esecutivo si è limitato ad assistere, più indifferente che inerme: «Il governo dovrebbe prestare più attenzione a questo settore vitale per l’economia italiana - lamenta il rappresentante dell’associazione di categoria - benchè molte competenze siano decentrate alle regioni, soprattutto attraverso una politica di rilancio dei consumi delle famiglie meno abbienti. Sarebbe sicuramente sbagliato fare leva sulla rinegoziazione dei mutui delle case che si sono rivalutate, come dicono voglia fare Tremonti, perchè l’indebitamento oltre misura degli italiani è una misura sbagliata oltre che rischiosa».
«Dal canto suo la Confesercenti sta sperimentando nuove forme aggregative, che noi chiamiamo centri commerciali naturali, vale a dire forme di rete e collaborazione fra i negozianti delle vie cittadini con più alta densità di esercizi. Con i fondi ricevuti durante la scorsa legislatura dal ministro Bersani, abbiamo avviato esperimenti a Catania, Napoli e Bari: abbiamo uniformato l’immagine di alcune vie commerciali con gli arredi urbani, li abbiamo dotati di computer perchè creassero una rete telematica, e abbiamo studiato forme di collaborazione come la fidelity card per tutti i negozi della zona, iniziative di intrattenimento e persino asili nido a cui affidare i bambini mentre i genitori fanno acquisti».

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