27/11/2002 ore: 10:39
La devolution di Bossi non piace neanche alla Confcommercio
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27 novembre 2002
Timore dei commercianti per l’unità
La devolution di Bossi non piace neanche alla Confcommercio
Billè è preoccupato per il debole andamento dei consumi e dell’economia Raul Wittenberg
ROMA. La devolution di Bossi preoccupa anche i commercianti.
Ieri la Confcommercio ha voluto manifestare i suoi timori
mentre illustrava il rapporto del suo Osservatorio economico;
un rapporto che ha denunciato la recessione dei consumi in
corso, che però non influirà più di tanto sulle spese del prossimo
Natale. Ma anche la Confesercenti è in ansia per i pericoli
che oltretutto corre l’unità nazionale.
Il presidente della Confcommercio Sergio Billè vede nella
duplicazione di funzioni una fonte di spesa destinata a restringere
ilreddito disponibile per i consumi. Gli enti locali si dovranno
dotare di personale che svolga le nuove funzioni e i nuovi
costi saranno ripianati con un maggior prelievo, senza ridimensionare
le strutture centrali. Inoltre è sarebbe sbagliato sovrapporre
la discussione sulla devolution a quella sulla Finanziaria.
«È un rischio presente anche gli industriali - ha detto Billè - che
al dibattito sulla devolution si sommi quello sulla Finanziaria,
con il rischio che per ottenere i risultati della devolution alcune
cose scritte in Finanziaria possano essere non solo non migliorate
ma addirittura peggiorate».
Il presidente della Confesercenti Marco Venturi ritiene che
la riduzione dei trasferimenti ai Comuni già determina un
maggior prelievo a carico delle piccole imprese attraverso strumenti
che non vengono più considerati imposte (tassa sui rifiuti,
ad esempio) e questa devolution non farà che aggravare la
cosa per i maggiori costi delle amministrazioni. In più definisce
«caccia ai ladri di polli» la competenza locale in materia di
sicurezza, certamente inadeguata di fronte alla grande criminalità
organizzata che taglieggia le piccole imprese nel Mezzogiorno.
Riguardo alla congiuntura, Billé torna ad insistere sul rilancio
dei consumi. «Se non ripartono - ha detto - ne va della
tenuta del sistema, anche se questo non significa spingere verso
il consumo dissennato». Per i consumi natalizi «l'andamento
dovrebbe essere in linea con quello dello scorso anno, non
proprio brillante, ma lontano dal boom del Natale 2000» quando
il Centro-sinistra restituì il bonus fiscale. La spesa per le
festività in una famiglia media sarà di 586 euro (580 nel 2001),
nel complesso a Babbo Natale andranno 13 miliardi di euro
(12,8 l’anno scorso), il 42% delle tredicesime. Sostanzialmente
invariata la composizione della «lista della spesa». Ai primi tre
posti rimangono i prodotti alimentari (42%), abbigliamento e
pellicce (18,3%), calzature e articoli in pelle (5,2%).
Per la Confcommercio infine la ripresa è ancora lontana per
l'Italia, forse a partire dalla seconda metà del 2003 quando
comunque non correrà a tassi superiori all'1,6% . Nel 2002, la
crescita dovrebbe essere prossima allo 0,3%, con una contrazione
dei consumi dello 0,1%, mentre per il prossimo anno ci sarà
un modesto incremento pari all'1,1%.