La crisi dei consumi arriva anche al bar
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Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA ITALIANA data: 2004-10-02 - pag: 11
autore: JACOPO GILIBERTO
La crisi dei consumi arriva anche al bar
MILANO • Forse è segnale di un cambiamento nello stile di vita. Oppure è una questione di prezzi e di qualità. Il fatto è che negli ultimi quindici anni il consumo di caffè nei 240mila bar italiani — 14 miliardi di tazzine l’anno — si è ridotto di un quinto. Negli ultimi due anni l’11% dei consumi in meno. Per questo motivo i baristi italiani sono pronti a richiamare clienti con strumenti come una migliore qualità del prodotto e del servizio, e con una riduzione dei prezzi nell’ordine del 5% se le 700 aziende di torrefazione sono disposte a sforbiciare del 10% i loro listini. Sono alcuni degli elementi illustrati a un convegno organizzato oggi a Milano dalla testata specializzata Mixer, in collaborazione con Fipe-Confcommercio, Bain&Company e Istituto Piepoli.
Il giro d’affari complessivo del caffè, in Italia, è di 800 milioni di euro per i torrefattori e di 5,6 miliardi per i pubblici esercizi in generale. La tazzina è il 31% del fatturato e il 34% dell’utile dei baristi; nel ’90 (sono dati Nielsen) il caffè rappresentava invece il 50% del giro d’affari dei bar. In calo il peso degli alcolici; aumenta quello di "piattini", panini elaborati e gastronomia (11% dei ricavi). L’Alta Italia è leader per numero di bar e anche per prezzi: l’espresso costa in media 87 centesimi al Nord e 70 al Sud. Una birra costa 2,32 euro al Nord e 1,50 al Sud. Nel complesso, il giro d’affari dei bar italiani vale 17 miliardi di euro (dati Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi) con una flessione 2004 di circa il 2,5%.
Il caffè fa parte della cultura italiana, da quando nel 1585 l’amarissima bevanda fu importata a Venezia dall’ambasciatore della Serenissima presso la Sublime Porta di Costantinopoli. A Venezia, in piazza San Marco c’è il più antico caffè del mondo, quel Florian fondato nel 1720. Se le brasserie hanno segnato la vita culturale parigina, i caffè hanno accompagnato quella italiana: come le Giubbe Rosse dove cent’anni fa si davano appuntamento i letterati fiorentini; come il Cova di Milano dove passava i lunghi pomeriggi di convalescente il romanziere Ernest Hemingway quando, ferito sul fronte del Piave nel ’18, fu ricoverato nell’Ospedale americano di piazza dell’Ambrosiana. Per arrivare alla cultura spicciola dei giovani d’oggi che canticchiano il motivetto «Hanno ucciso l’uomo ragno» del complesso 883 («avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè»).
Una cultura in ritirata? Gli esperti denunciano la concorrenza delle macchinette negli uffici e in casa. E l’import di prodotto di modesta qualità dal Vietnam. La risposta sta anche in un servizio migliore: la bottega di un tempo non è più al passo con la domanda degli italiani.