La concertazione è ormai un ricordo ma Berlusconi ne resta prigioniero

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2 Novembre 2002
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RELAZIONI PERICOLOSE. IL LIBRO DI MANIA E SATERIALE La concertazione è ormai un ricordo ma Berlusconi ne resta prigioniero
«E' una fuga generale». L'altro giorno si è chiuso così, ingloriosamente, con un fuggi fuggi delle parti sociali, l'esperimento di "dialogo sociale" targato Maroni. Un esperimento con cui il governo Berlusconi aveva pensato di superare la stagione della concertazione che aveva segnato gli anni Novanta. Una stagione per molti versi straordinaria, per la portata di alcuni risultati. Ma certamente straordinaria anche per le condizioni in cui si è svolta. Per il vuoto politico che a lungo l'ha contraddistinta e, parallelamente, per l'anomalo ruolo giocato dalle organizzazioni di rappresentanza di interessi. Roberto Mania e Gaetano Sateriale in Relazioni pericolose. Sindacati e politica dopo la concertazione, (Il Mulino, 2002) ci hanno recentemente dato di quella stagione un resoconto informato ed acuto che ci conduce dalle prime virtuose esperienze concertative alle loro espressioni patologiche. Una rilettura critica degli anni Novanta e di questi ultimi mesi, in cui campeggia sullo sfondo il progressivo affermarsi dello schema bipolare, da un lato, e, dall'altro, dei fenomeni di cessione della sovranità verso l'alto (l'Europa) e verso il basso (le Regioni e gli enti locali). Una ricostruzione storico-politica in cui emerge progressivamente una figura nuova, il sindacato-partito, e l'idea stessa del sindacato di farsi partito. Una analisi retrospettiva, il cui interesse e la cui importanza sono rese ancor più evidenti dalle palesi difficoltà attraversate tanto dal rapporto fra governo e parti sociali quanto da quello fra queste ultime e le opposizioni. Ed è forse proprio nelle considerazioni relative alla fase attuale dei rapporti fra politica e sindacato - più che nella lettura pienamente condivisibile del recente passato - che il racconto di Mania e Sateriale diventa punto di partenza per un dibattito che può essere di straordinaria utilità per l'intera sinistra italiana, politica e sindacale. Perché se, da un lato, la riluttanza della sinistra ad impostare su basi corrette il rapporto fra politica e sindacato ha trasformato le difficoltà del governo Berlusconi in insperati punti di forza, dall'altro, il rapporto sbagliato prima fra governo e associazioni imprenditoriali e poi fra governo e sindacati è stato e sarà in futuro la palla al piede dell'esecutivo nel corso della stessa vicenda. Come i fatti dell'altro giorno segnalano. Partito per dividere, il governo è oggi ostaggio delle proprie scelte. Costretto a chinare il capo sempre e comunque per non ricreare le condizioni di un fronte sindacale unito e compatto. Stretto nella morsa fra chi giustamente fa pesare fino in fondo la propria scelta di trattare e chi coerentemente difende quella di non trattare. Partito per riaffermare la piena sovranità dell'esecutivo nell'esercizio della funzione di indirizzo e di governo, permeato da un'idea di autosufficienza della politica e da una sorta di fastidio verso la mediazione ed il compromesso con le rappresentanze sociali, il governo Berlusconi dopo soli cinquecento giorni mette in scena la propria debolezza e la straordinaria miopia delle sue scelte. Una debolezza rappresentata plasticamente dall'impegno assunto dal governo di istituire un confronto preventivo con le parti sociali in occasione delle riunioni del Cipe relative all'utilizzo dei fondi per il Mezzogiorno. Ma al di là della contingenza, il testo di Mania e Sateriale è soprattutto un viaggio nel futuro prossimo del sindacato. Un futuro che si chiama Europa e livello contrattuale europeo e anche federalismo e relazioni industriali decentrate dall'altro. Ed è proprio su questo tema che Mania e Sateriale scrivono alcune delle pagine più interessanti del libro, prefigurando la sostituzione della pesante architettura della concertazione con una ipotesi di "consultazione" formale ma leggera e rispettosa dei compiti e delle prerogative delle parti. Un ritorno alla separazione, già prevalente fino ai primi anni Novanta, delle ragioni del confronto fra il sindacato e le istituzioni da quelle delle dinamiche contrattuali e salariali. Ma proprio su quest'ultimo aspetto, Mania e Sateriale evitano di trarre tutte le conclusioni. La ridefinizione delle materie e dei livelli contrattuali (europeo, nazionale, aziendale) dovrebbe infatti portare l'Italia, logicamente ed inevitabilmente, a seguire le grandi democrazie occidentali nella attribuzione al Parlamento e non alla contrattazione nazionale del minimo legale salariale. Alla introduzione del salario minimo legale, alla concentrazione della contrattazione nazionale sui diritti e sulle questioni normative non riconducibili ad un livello sovranazionale e alla attribuzione di nuovi e più importanti compiti alla contrattazione aziendale. Mania e Sateriale non portano alle estreme conseguenze il filo del loro ragionamento ma offrono al lettore tutti gli strumenti per farlo. E, per il momento, non è poco.
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