La cittadella che sembra un fumetto è l´ultima frontiera dello shopping In un periodo di crisi come questo le aziende puntano sui megacentri che raccolgono ogni tipo di merce. Con sconti che superano il 50 per cento Domani apre l´outlet di Castel Romano: il sesto in Italia
Villaggi protetti dove spendere senza rimorsi Con l´illusione di risparmiare moltissimo MARINA CAVALLIERI
ROMA - Capitelli, colonne, archi trionfali che mescolano polistirolo e tufo, edifici classicheggianti o, forse no, medievali, dai colori pastello e rigide piante finte che evocano una Roma imperiale come può immaginarla chi non l´ha mai vista. Ecco l´outlet di Castel Romano, ultima frontiera delle griffe, primo baluardo al centrosud del nuovo modello di consumo che alle piazze reali preferisce i villaggi virtuali dove si può spendere senza l´ansia dello scippo e l´assillo del parcheggio. Salgono così a sei gli outlet nazionali, sono i centri commerciali dove i grandi marchi smaltiscono i prodotti in eccesso, vendono merci delle passate collezioni, eccedenze, rimanenze, una sorta di riciclo del lusso, di circolo virtuoso del consumo. Per vendere l´invenduto si è pensato di creare una cittadella disneyana che si stende su 20 mila metri quadrati, con 95 negozi, dove le cose più reali sono la banca e l´ufficio postale, tutto il resto è shopping, emozione dell´acquisto, un valzer di compere con i sensi di colpa placati dalla certezza, o l´illusione, del risparmio. «Il centro s´inaugura domani, pensiamo di fare quattro, cinque milioni di visitatori l´anno», spiega Cesare Nonnis, direttore del marketing. «Secondo uno studio, l´84% dei visitatori effettua almeno un acquisto e vengono visitati in media venti negozi». L´outlet di Castel Romano nasce per volontà della società inglese McArthurGlen, leader in Europa dei designer outlet, che ha realizzato una joint venture con la holding immobiliare dei fratelli Fratini, dopo Serravalle Scrivia l´impero dello shopping si estende: in programma altri due outlet, a Barberino, vicino Firenze e a Conselve, in provincia di Padova. Ma il business è appetibile e il territorio da conquistare ancora vasto, così altri outlet, gestiti da altre società, sono in allestimento, a Valmontone, nel Lazio, a Mantova, a Molfetta e vicino Torino. «Per le aziende rappresenta un nuovo canale distributivo ed è un modo per riuscire a gestire i momenti di difficoltà», spiega Carlo Meo, amministratore delegato di Marketing&Trade, che conduce, tra l´altro, ricerche sui consumatori. «I visitatori formano un partito trasversale, ci sono gli stessi che vanno al centro commerciale e quelli che invece frequentano le boutique ma vogliono risparmiare. E per tutti è un posto rassicurante, i problemi sono fuori, la violenza è fuori». Ma gli outlet «sono soprattutto una forma di democratizzazione delle marche, sono le griffe per il popolo, le grandi firme a portata di tutti». Una tentazione irresistibile anche perché poi, una volta che si è dentro la cittadella del consumo, nessuno può sottrarsi alla shopping experience, «è statisticamente dimostrato infatti che nel vortice di negozi, si compra almeno una cosa». «Ho aperto il primo outlet del sud Europa, era il '95», dice con soddisfazione Silvio Tarchini che creò il Fox Town di Mendrisio, in Svizzera, allora gli italiani che volevano comprare in un outlet dovevano varcare il confine. «Il fenomeno è nato negli Stati Uniti, poi è sbarcato in Inghilterra. Ora è la volta dell´Italia. In questo momento di crisi il consumatore è molto attento al risparmio e questo per noi è favorevole, basti pensare che nell´ultimo anno i clienti sono aumentati del 23 per cento».
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