La Cgil: con Mediolanum è conflitto d’interessi
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mercoledì 29 giugno 2005
IL CASO
La Cgil attacca: fondi pensione, con Mediolanum è conflitto d’interessi
ROMA - La Cgil contesta nettamente la piega che ha preso il testo della riforma del Tfr dopo anni di discussione. Il nodo principale sta nell’aver messo sullo stesso piano i fondi previdenziali privati e le polizze individuali. «Un errore di metodo enorme, fatto sicuramente sotto pressione delle lobby delle compagnie di assicurazione», spiega Beniamino Lapadula, responsabile economico della Cgil e uno dei più ascoltati esperti dal segretario Guglielmo Epifani. A cui si aggiunge un altro problema: quello del conflitto di interessi del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Infatti, una delle più attive compagnie su questo fronte, la Mediolanum, vede la Fininvest di Berlusconi prima azionista con il 35,2% seguita dal 29,5% di Ennio Doris.
«Se il decreto verrà approvato così com’è e non si muoverà l’Antitrust autonomamente - avverte Lapadula - saremo noi a fare la segnalazione e a chiedere al Garante di intervenire». Sul piatto ci sono circa 15 miliardi di euro l’anno di trattamento fine rapporto (Tfr) che possono finire da una parte o dall’altra. «Il legislatore ha messo tutti gli attori dell’offerta sullo stesso piano - spiega l’economista del sindacato - ma non ha previsto meccanismi di trasparenza, c’è troppa opacità e il lavoratore alla fine non ha gli strumenti per decidere quale sia la scelta più giusta». Il rischio, paventa Lapadula, è che migliaia di agenti addestrati dalle compagnie di assicurazioni alla fine abbiano la meglio e riescano a convincere i lavoratori in cambio di rendimenti più elevati e promesse che poi sono difficili da mantenere».
Una storia del genere, del resto, è già accaduta nelle liberista Gran Bretagna che nel 1988 introdusse l’ opting out , la possibilità di passare da fondi a polizze. Durò quattro anni finché non scoppiò il bubbone: milioni di lavoratori, soprattutto anziani, rimasero intrappolati in programmi assicurativi che promettevano risultati poi non si sono realizzati. Nel 1993, racconta Lapadula, partì un’inchiesta e dopo dieci anni è arrivata la sentenza: le compagnie inglesi sono state condannate a restituire 11,7 miliardi di sterline (oltre 15 miliardi di euro) a quasi 2 milioni di lavoratori perché si sono mosse contro gli interessi dei clienti.
«Oggi stabilire un’oggettiva comparabilità tra i diversi prodotti sul mercato - afferma ancora Lapadula - è impossibile perché sono previste diverse modalità per valorizzare le quote». Il legislatore ora rinvia il tutto ai regolamenti dei contratti alla Covip ma, intanto, il mercato si è mosso. Lapadula ha calcolato che di fronte a 400 mila sottoscrittori di fondi previdenziali aperti esistenti da molti anni, in poco tempo sono state vendute oltre 700 mila polizze individuali. «In pratica, la libertà di scelta per i lavoratori è drogata e non trasparente». «Noi come sindacato e come Cgil - spiega ancora Lapadula - siamo favorevoli allo smobilizzo del Tfr ma non vogliamo che si svolga in un clima di arrembaggio e a danno dei lavoratori».
Roberto Bagnoli
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