La Cassazione boccia gli studi di settore
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ROMA - Picconata della Cassazione agli studi di settore. Una sentenza resa nota ieri stabilisce che il mancato rispetto degli studi di settore, cioè il meccanismo di determinazione dei redditi in base al quale gli autonomi pagano le tasse, non è sufficiente a far scattare un automatico accertamento fiscale da parte dell´Agenzia delle Entrate. Gli studi di settore, spiega la Suprema Corte, anche se frutto della diretta collaborazione con le categorie, sono da considerare una mera «elaborazione statistica, il cui frutto è una ipotesi probabilistica che, per quanto seriamente approssimata, può solo costituire una presunzione semplice». La conseguenza immediata della sentenza è che gli accertamenti fiscali messi in atto dall´Agenzia sulla base dei soli parametri degli studi risultano «nulli».
Esultano le categorie del lavoro autonomo. La Confcommercio-Roma parla di «bella vittoria», la Confesercenti osserva che gli studi «non vanno considerati esaustivi riguardo alla fedeltà del contribuente», positivi i giudizi della Confartigianato. In realtà la sentenza della Cassazione riafferma un principio che già era stato assunto dalla nostra legislazione tributaria che nel 2008 aveva ridotto il valore probatorio degli studi, ridimensionandoli a «presunzione semplice» e in pratica aveva stabilito che l´accertamento fiscale non può scattare automaticamente quando si «sballano» i parametri ma solo in base ad ulteriori prove il cui onere è a carico dell´Agenzia delle entrate. «I controlli non sono più automatici già da due anni», ha detto ieri Luigi Magistro, dell´Agenzia delle Entrate. La sentenza tuttavia scioglie dubbi e fornisce una linea di condotta nei casi ambigui: la Lega ha infatti accusato più volte l´Agenzia delle Entrate di non rispettare sul territorio la nuova prassi. La sentenza riapre la strada anche a quella che il leader del Pd Bersani ha indicato, appena qualche giorno fa, come la necessità di un «superamento» degli studi di settore.
Intanto, in attesa dei dati ufficiali, si comincia a parlare di un decreto o, più semplicemente di un decreto del presidente del Consiglio, per le famiglie. Molte le misure al vaglio, ma in prima linea sono gli aiuti alle famiglie, dalle detrazioni fiscali per figli e familiari a carico ad incentivi per l´acquisto di elettrodomestici e computer. Del resto la Finanziaria 2010, al Senato per l´approvazione definitiva, prevede esplicitamente che l´eventuale surplus di gettito fiscale sia indirizzato alle famiglie. La manovra ha utilizzato 3,7 miliardi di gettito proveniente dallo scudo 2009 ma il «rientro» di capitali dovrebbe aggirarsi sui 100-110 miliardi e di conseguenza il gettito disponibile salirebbe a circa 5 miliardi, dunque 1,3 miliardi in più a disposizione. A queste risorse andrebbero aggiunte quelle della riapertura dei termini fino ad aprile che, con aliquote maggiori (6-7 per cento), dovrebbero riportare in patria circa 30 miliardi di capitali e circa 1,5-2 miliardi di gettito. In tutto il nuovo «tesoretto» dovrebbe arrivare a poco più di 3 miliardi.