La Brianza sfida il modello Ikea: adesso puntiamo sulla distribuzione
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L’iniziativa «Italie» del Corriere. Messina: siamo fermi agli anni ’70
MILANO — Non basta più, nemmeno alla virtuosa Brianza, poter contare sulla «religione» del lavoro e l’«orgoglio» di saper fare (bene) diverse cose e in particolare i mobili di qualità. Valori che parevano scritti nel dna della comunità che più volte ha salvato se stessa e che, invece, stentano a fiorire nelle ultime generazioni, non meno impaurite e confuse che altrove. Poi ci sono i veri e propri «nodi» che strozzano lo sviluppo e il primo è la mancata riforma del modello della distribuzione del made in Italy prodotto nel distretto brianzolo, almeno secondo Rosario Messina, il presidente di FederLegnoArredo che ieri ha preso parte insieme con un nutrito panel, moderato da dal direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli, alla tavola rotonda di Italie, il «viaggio» del nostro giornale nei territori che ieri ha fatto tappa, appunto, in Brianza con uno speciale di 36 pagine.
«Nella distribuzione siamo fermi agli anni ’70» ha incalzato Messina, ricordando come la grande distribuzione internazionale cannibalizzi i marchi. Il problema è anche quello dei listini delle aziende, poco trasparenti, che lasciano margine alla pratica dei megasconti da parte dei rivenditori: «Rischiamo di pagare in modo brutale - ha sostenuto - il ritardo nel cambiamento delle strategie di vendita». Anche nella distribuzione, ha raccolto la palla il presidente di Assaredo, Giovanni Anzani, l’innovazione fa rima con «formazione». Sempre più c’è bisogno di tecnici, venditori e consulenti preparati: «Sembra che il design l’abbia inventato Ikea - ha osservato Anzani - e non, come invece è, i nostri laboratori e i nostri centri di ricerca».
Angelo Candiani è il presidente di Aslam, associazione delle scuole lavoro dell’Alto milanese. A lui gli imprenditori si rivolgono con una sola disarmante richiesta: «Angelo damm un brau fioeu, dammi un bravo ragazzo». Di bravi ragazzi ce n’è eccome ma «non sanno di esserlo». La causa è «a mancanza di educazione, intesa come implicazione della persona. Cosa ci farà uscire dalla crisi se non un uomo che appartiene a quello che fa?».
La Brianza, con la sua «cultura del fare bene» è anche una terra che «ha saputo integrare chi veniva da fuori» ha detto il presidente di Cosmit, Carlo Guglielmi. Ma gli sforzi delle «Italie» rischiano di essere cancellati dal crollo dell’ immagine del Paese. Gli scandali? «Sono sconvolto, non ho più gli strumenti per "leggerli". Siamo chiamati tutti alla responsabilità di vigilare, dovevamo vigilare sempre e preventivamente».
È affidata all’imprenditore Eugenio Bellotti e al banchiere Annibale Colombo, presidente della Bcc di Carate Brianza, il quadro sulle virtù del territorio. È l’uomo del credito («Qui non è mancato») a parlare di «religione del lavoro» ed è il numero uno dell’azienda che lavora il legno («l’unico materia del pianeta che si rinnova, se ben gestita») a ricordare che è il «cuore» il motore dell’instancabile popolo brianzolo.