14/3/2007 ore: 12:15
La battaglia dei buoni pasto
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Pagina 20 - Cronache Domani il no-ticket day. Gli esercenti: nel settore c'è il caos dopo una sentenza del Tar, le società ci pagano con mesi di ritardo due milioni a digiuno A restare a bocca asciutta però saranno i 2 milioni e 200mila clienti (1,6 milioni privati e 600mila pubblici) che, in media, ogni giorno usufruiscono di quel mini-assegno. Un volume di affari da 11 milioni di euro al giorno che a fine anno raggiunge i 2,3 miliardi di euro: il triplo di sette anni fa. Sono circa 7 milioni, infatti, gli italiani che pranzano fuori: a mensa, in un bar, al ristorante o alle scrivanie. Di questi il 30 per cento sono donne. Il 40 per cento del totale usa il buono pasto nei 100mila esercizi convenzionati. E la gran parte viene spesa in sei regioni, dove forte è il peso delle metropoli: Milano, Roma, Torino, Napoli, Bologna, Firenze. Una torta ghiotta che le 14 società di ticket tentano di accaparrarsi con una lotta senza esclusione di colpi. Compresi i prezzi al ribasso. Le società che vendono i buoni pasto ai datori di lavoro, infatti, li offrono a prezzi scontati. Un buono da cinque euro può essere venduto a 4,5 o a 4. A volte anche a meno. Ma il cliente riceverà un pasto per l'intero prezzo del ticket. Dov'è il trucco? Nel risarcimento del ristoratore che dovrà rivendere il buono alle società emettitrici. Queste ultime però pagheranno poco (chiedendo a loro volta sconti fino al 20% del valore) e male (anche con ritardi di otto mesi). «Per questo serve un modello certo di aggiudicazione», spiega la Fipe che assieme a Fida (Federazione dettaglianti alimentari) e Anseb (Associazione italiana emettitrice buoni pasto) chiederà al Tar la sospensiva e presenterà ricorso al Consiglio di Stato.
V.Pic.
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