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mercoledì 4 maggio 2005
La badante? La trovi dal tabaccaio Da settembre, per usufruire di una prestazione a ore, basterà comprare un “voucher”. Insorgono i sindacati: è la barbarie
Le Agenzie per il lavoro temporaneo guardano con grande interesse ai servizi per la famiglia, un mercato in crescita
GIORGIO CAPPOZZO
LIVORNO. Interno, giorno, sala da pranzo. Madre: «Caro, vai in tabaccheria a prendere un pacchetto per tuo padre e una badante per il nonno?». Il film che conterrà questa battuta sarà trasmesso in tutte le case italiane dal prossimo settembre quando, stando ai forse del ministero del Welfare, entrerà in vigore il “lavoro accessorio”, la più recente tra le 39 forme di contratto atipico previste dal “pacchetto Biagi”, corrette dal decreto per la competitività. Come funziona?
Lavoro a gettoni. Vai in tabaccheria, acquisti uno o più tagliandi orario da 7 euro e 50 e ci paghi una prestazione di qualcuno che si è reso disponibile presso un’agenzia del lavoro. Piccoli lavoretti di cura, quelli che il decreto definisce “mansioni intermittenti e marginali”. Dare ripetizioni, sistemare un giardino, pulire la casa, fornire supporto in casi di emergenza e, soprattutto, badare ai malati e agli anziani. Mestieri che potranno essere svolti solo dai “disagiati”, che il glossario ministeriale declina in studenti, disoccupati, migranti con carta di soggiorno, disabili e casalinghe. Un provvedimento poco chiaro ma che certo non difetta in originalità.
Tutto in famiglia. Nata in Belgio, la chiamata “a voucher” è rivolta essenzialmente alle famiglie, considerate piccole imprese a cui fornire servizi. Le agenzie per il lavoro interinale - versione privata delle liste di collocamento - hanno capito l’antifona e vogliono fare il loro business. La Adecco, multinazionale del precariato, attende eccitata l’introduzione della “chiamata a ticket”. «Noi siamo per il mercato - sostiene Gianni Bocchieri, direttore legale - e salutiamo con favore il lavoro accessorio. Siamo disposti a gestire tutta l’organizzazione, anche amministrativa». A loro interessano i servizi familiari, un mercato che si espande con l’invecchiarsi della società e che promette ampi profitti.
Badare al profitto. L’Adecco, o simili, ti mette a disposizione il lavoratore richiesto. Se tu hai bisogno di una badante per due volte a settimana, per tre ore, vai in agenzia e sfogli il catalogo: mezza età, ucraina, ottime referenze etc. Compri i “buoni” di cui hai bisogno e, a lavoro concluso, li rendi alla badante che a sua volta si recherà dove il governo vuole che si rechi, a riscuotere il compenso. Che non sarà di 7 euro e 50, ma di 5 euro e 80. Va infatti sottratta dal totale la quota per l’Inail, per l’Inps e per l’intermediario. Se la nostra badante dovesse ritirare i soldi in tabaccheria (soluzione prevista) potrà direttamente acquistare un pacchetto e mezzo di sigarette, e placare così il suo nervosismo, altrimenti ci pagherà il tram e un panino. I tabaccai sono disposti ad affiancarsi alle agenzie ma «a patto - dice Bruni, presidente dell’Assotabaccai - che venga aumentata la nostra percentuale di guadagno. Ci dispiace per i precari, ma anche noi vorremmo guadagnarci qualcosa».
Ma: 5 euro e 80 equivalgono in pratica al minimo sindacale. Saranno disposte dunque le famiglie a spendere all’origine più di quanto sborserebbero affidandosi al vecchio e truce sistema del mercato nero? Acconsentirà la nostra esausta badante a farsi schedare dalle agenzie, che forniranno una “card” con dati personali, codice fiscale e status occupazionale, invece di pretendere i soldi, maledetti e subito? Al ministero del Lavoro, che abbiamo contattato infinite volte, non sanno dare una risposta che sia una. Rimandano educatamente al sito internet che, peraltro, non riporta gli aggiornamenti previsti dal decreto sulla competitività. Per esempio: mentre il tetto iniziale di spesa da parte delle famiglie non poteva superare i 5mila euro annui, ora ci si può spingere fino ai 10mila. Ovvero sarebbe un contratto bello e buono, con cui assumere dipendenti. Con la facoltà di poterli mandare a casa anche via sms. Non c’è liquidazione, maternità, malattia, e i contributi, basta fare i conti, non saranno mai sufficienti a conquistarsi una pensione.
Agenzie o caporali? Il lavoro di cura si basa su un rapporto di fiducia strettissimo, e in genere si preferisce essere consigliati da un parente o un amico che da un addetto, per quanto educato, di un’agenzia interinale. I sindacati stanno cercando, non senza fatica, di intervenire nella galassia del precariato, notoriamente costretto alla “desindacalizzazione”. Al Nidil, sindacato degli atipici della Cgil, dicono: «Fornire servizi per conto terzi in questo modo si chiama caporalato. Staff leasing, Job on call e anglicismi vari non edulcorano la situazione. È sfruttamento, stop. Se dovesse passare il lavoro accessorio ci troveremmo di fronte alla mercificazione più barbara del tempo di lavoro». Tra i supporter, la Confcommercio: «Flessibilità e semplificazione amministrativa - dicono - aumentano le possibilità per alcune imprese di competere sul mercato». Il riferimento è alle realtà commerciali, artigianali e turistiche, piccole e affaticate.
Ahahahah. Il precariato è un allarme che dovrebbe chiamare tutti a raccolta. Quando chiediamo notizie all’ufficio stampa del ministero, cadono dalle nuvole: boh, provate a parlare con i sindacati, forse loro...Quando giriamo il consiglio ai sindacati, dall’altra parte giunge solo una bella risata...ma presumiamo che il volto dei disabili, dei migranti, delle casalinghe, dei disoccupati, degli anziani e dei malati, di fronte a tale caos, sia, se non lugubre, serissimo.
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